Stefano
Arcieri Professore aggregato nel settore scientifico disciplinare Chirurgia
Generale (MED/18) presso il Dipartimento di Scienze Chirurgiche della
Facoltà di Medicina e Odontoiatria della “Sapienza” Università di Roma.
Il suo blog è: https://stefanoarcieri.wordpress.com/ |
Esiste oramai da tanti anni una nuova branca della
medicina che sta progressivamente aumentando nel numero di adepti. E’ la
cosiddetta “medicina difensiva”.
Di cosa si
tratta?Per “medicina difensiva” si intende quel fenomeno sociale, oramai radicato sempre più negli operatori sanitari, in cui l’atteggiamento del medico nei confronti del malato e dunque della malattia, è di tipo “difensivo”, cioè l’esatto opposto di quello che dovrebbe essere.
E’ il
ricorso inutile, invasivo, ad accertamenti diagnostici ed esami non necessari e
costosi che assumono più il ruolo di autotutela del medico piuttosto che del
paziente ed inoltre i medici tendono ad evitare quei pazienti che necessitano
di trattamenti ad alto rischio, allo scopo di ridurre la propria esposizione.
Il classico
rapporto di fiducia, duale, medico – paziente che è sempre stato alla base di
questa interazione si è modificato; il paziente, oramai assume un atteggiamento
di sospetto nei confronti del medico per quello che concerne l’esatta diagnosi
e soprattutto la corretta condotta terapeutica, questo genera anche nel medico
uno stato di allarme suscitato sia dalla paura di sbagliare e soprattutto dal
dubbio di non essere stato esauriente nella diagnostica.
Per capire
le dimensioni del fenomeno, si pensi che un’indagine effettuata recentemente ha
confermato che quasi l’80% dei medici si sente a rischio di subire prima o poi
una denuncia che mira più che altro ad atti risarcitori di tipo economico.
In questi
ultimi 15 anni le denunce rivolte ai medici sono aumentate fino a
quintuplicarsi e in tutto questo le assicurazioni professionali sono lievitate
in modo vertiginoso: 10 mila euro l’anno per un ortopedico, 18 per un chirurgo
plastico, 14 per un ginecologo etc.
Ma chi ne fa
le “spese”?
A mio avviso
i primi a farne le spese sono i PAZIENTI!
Il ricorso a
esami inutili e costosi, non solo sottopone i malati a stress che avrebbero
potuto evitare e che fanno lievitare enormemente la spesa sanitaria, si
spendono inutilmente circa 13 mld di Euro l’anno, ma soprattutto fanno
ritardare l’inizio del trattamento sanitario. Ma vi è di più. Il medico, in
particolare il chirurgo, oramai non spinge più oltre alcuni limiti la procedura
e tattica chirurgica poiché se da una parte potrebbe recare beneficio al
paziente (si pensi alle malattie oncologiche) dall’altra aumenta il rischio di
complicanze che possono insorgere e che potrebbero essere causa di una
successiva rivalsa.
Le cause
legali intentate verso i medici, in genere, terminano dopo almeno 4 anni e
nella stragrande maggioranza dei casi (circa l’80%) per insussistenza del
fatto. Nelle restanti denunce il paziente è liquidato con un risarcimento ben
al di sotto delle richieste. Le assicurazioni, dal canto loro, aumentano al
malcapitato professionista le polizze assicurative.
Qualsiasi
complicanza o fallimento terapeutico è vista come passibile di condanna giacché
non accettabile in una ”epoca moderna” dove tutto è meccanicizzato,
dimenticando che è proprio della medicina la variabilità della risposta
individuale ad ogni atto terapeutico e pertanto estremamente imprevedibile!
Si sono
moltiplicate a tal riguardo, in questi ultimi anni, associazioni legali di
Avvocati concentrati solo in difesa dei malati che hanno subito, a loro parere,
un trattamento non adeguato cioè affetti da “malpractice” fornendo consulenze
gratuite e incoraggiando i pazienti a presentare le denunce. In tutto questo
anche il decreto Bersani ha liberalizzato le tariffe degli avvocati che sono
stati legittimati a riscuotere le loro parcelle anche solo in caso di vittoria.
Dall’altra
parte esistono diverse associazioni di medici che cercano di mettere in atto
attività mirate a non favorire le controversie tra medici e pazienti, in
particolare contrastando le denunce prive di fondamento a carico dei medici.
Infatti, cominciano a incrementarsi le querele da parte dei medici nei
confronti dei pazienti che li hanno denunciati e che hanno perso la causa per
“insussistenza del fatto” e si ritrovano alla fine nelle condizioni di pagare
il professionista accusato ingiustamente di “malpractice”.
E’ fuori
dubbio, che in un epoca in cui è sempre più confuso il rapporto con il proprio
futuro sociale, sia auspicabile che almeno quello con il medico e con il
paziente, torni ad essere contraddistinto da reciproca fiducia e serenità.
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