lunedì 13 dicembre 2010

Una lettera di Benito Ruggiero per la Mostra Fotoracconto




DI TUTTO QUESTO E MOLTO PIU’ DI QUESTO

a MASSIMO CAPODANNO
di Benito Ruggiero

Controluce. Reti a mare. Il sole accende un lampione. Pieno giorno. C’è chi ancora si ferma. C’è, da sempre, chi si è fermato davanti a queste o simili cose, perché l’inosservato non trascorra inosservato. Cosciente vivere in un moto di inquadrature, in favore di quello che non avremmo mai voluto vedere passare; di quello che avremmo sempre voluto vedere passare. In favore di un istante. Tutto si risolve in una non più grande misura. Se l’attimo fissato è quello che si stava cercando, tutto il resto ne deriva; il prima, il dopo, tutto in quel solo attimo.
L’inclinazione della mano. Un asse che gradua esistenze in diverse esistenze emozionali. Esistenze di figure, muri, soglie, espressioni, dei casi del caso, di Londra, di Roma, di Positano o di un ovunque. Ma essere lì, nei qui e ora.
Freddezza, adrenalina, occhio nell’obiettivo in strade deserte, strade lasciate deserte da fughe in direzioni opposte. Quello che resta di una strada e lei, Massimo, lì. Nei qui e ora. Fotografa. Tutti guardano altrove, qualcuno guarda lei. Molti di più guarderanno attraverso di lei.
Tutto si risolve nel confine rettangolare che inquadra quell’esistere. Superflua ogni altra spiegazione. La sua voce è nella fugace differenza che ha quell’istante da ogni altro. Si muove quello che non si era mosso, un coincidere tocca quello che prima non ha toccato. Quel volto sorride o si volta, è il riflesso di se stesso. Quell’acuta, intelligente sintonia con la vita, angolazione di se stessa. La conosce, ha avuto la forza di guardarla. Tragedia apparente o apparente commedia. Se non tutto può essere vissuto, tutto deve essere almeno ricordato. Il tempo ammette di essersi incontrato in un’immagine.
Nell’ordine, ho conosciuto il suo salutare gentile, amichevole a prescindere; la sua macchina fotografica, complice di un familiare e sottile dialogo; le scale di pietra fino al suo uscio. Le sue commoventi, divertite, terribilmente lucide, sottilmente e gentilmente ironiche fotografie. Mostrano, e non violano. Rare.
Solo in ultimo, l’incontro con la sua storia professionale. Aggiungo i miei ammirati complimenti ai tanti altri già ricevuti. Ma Massimo sorride, sembra preferire andare alla finestra e aggiungere una foto alle altre. Prova che la mia ammirazione per lui è ben riposta.
Sarà sempre la necessità del silenzio che una foto suscita, il miglior riconoscimento.
Su questi fogli di carta leggera il mio occhio scorre le sue immagini stampate dal suo sito. Superflua ogni voce aggiunta. Solo, voglio guardare.
Di tutto questo e molto più di questo, la ringrazio.
Un caro saluto
Benito


alcune foto scattate alla mostra .





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