una foto del 1971 che ritrae il leader del MSI Giorgio Almirante durante il comizio di piazza del Popolo a Roma. foto: massimo capodanno
Lo scorso 22 maggio volevo ricordarlo per il ventennale della sua scomparsa, purtroppo la mia memoria ogni tanto vacilla e perde i colpi.
E' spirato mentre tornavo dalla Cina precipitosamente a Roma perchè un caro parente era ricoverato ed era molto grave. Entrambi erano ricoverati nella stessa clinica, nello stesso piano a un paio di camere di distanza.
Lo avevo fotografato più volte, nei comizi, nelle riunioni di partito e nel suo studio di via 4 Fontane. Conosceva papà e con lui avevano un fraterno amico in comune.
Cenni storici:
Giorgio Almirante nasce a Salsomaggiore, in provincia di Parma, il 27 giugno 1914.
Il padre, attore, direttore di scena di Eleonora Duse e di Ruggero Ruggeri e poi regista del cinema muto, apparteneva ad una famiglia di attori e di patrioti, con ascendenti appartenenti all'alta nobiltà di Napoli. Il piccolo Giorgio visse quindi i suoi primi anni seguendo la famiglia da una città all'altra, fino a che gli Almirante si stabilirono a Torino, dove intraprese studi regolari. Successivamente, si trasferì con la famiglia a Roma, dove si iscrisse all'università nella Facoltà di Lettere. Parallelamente agli studi, intraprese la carriera di cronista praticante presso "Il Tevere", quotidiano fascista diretto all'epoca da Telesio Interlandi. Vi rimase fino al luglio 1943, ormai trentenne. Conseguita la laurea in lettere e l'abilitazione all'insegnamento di materie classiche, dopo sei anni di praticantato gratuito, viene nominato da Interlandi caporedattore e, poco dopo, anche segretario di redazione della nuova rivista "La Difesa della razza", inizialmente diretta dallo steso Interlandi. Cresciuto dunque in piena epoca fascista, come gran parte dei suoi coetanei milito nelle organizzazioni giovanili fasciste, ma durante il regime non andò oltre la carica di fiduciario del GUF della facoltà di lettere dell'università di Roma. Quasi cinquant'anni dopo, avrebbe ammesso di essere stato allora razzista e antisemita in buona fede e per motivi politici (come molti giornalisti italiani poi passati all'antifascismo); la collaborazione alla "Difesa della razza" fu, di tutta la sua vita, l'unica esperienza che sconfessò completamente, pur conservando un ottimo ricordo di Interlandi. Inoltre, è noto che Almirante, durante il periodo della Repubblica di Salò, salvò dalla deportazione in Germania un suo amico ebreo e la famiglia di questo, nascondendoli nella foresteria del ministero della Cultura popolare a Salò. Intanto, scoppia la seconda guerra mondiale, evento che vedrà Almirante coinvolto anima e corpo. Infatti, essendo stato richiamato alle armi come sottotenente di complemento di fanteria, viene mandato in Sardegna a comandare un plotone di guardia alla costa, un compito non certo esaltante. Almirante, invece, desiderava partecipare attivamente alle operazioni di guerra; si offrì dunque volontario per il fronte dell'Africa settentrionale, e a tal fine si fece nominare corrispondente di guerra. Raggiunse Bengasi alla fine dello stesso mese di giugno dove visse le alterne fasi della guerra fino a tutto il 1941, ottenendo la croce di guerra al valor militare. Tornato poi a Roma, riprese il suo posto di caporedattore de “Il Tevere”. La mattina del 26 luglio 1943, però, Mussolini cade. Come politico sembra ormai del tutto finito. Numerose sono le defezioni fra i fascisti, molti dei quali passano improvvisamente al fronte democratico, comportamento che invece Almirante rifiuta. Rimane dunque improvvisamente solo: anche il suo ex direttore, Interlandi, viene arrestato come "fascista pericoloso".
Ai primi di agosto Almirante risponde ad una nuova chiamata alle armi, come tenente, presentandosi a Frosinone presso il suo vecchio reggimento di prima nomina. La viene sorpreso, l'8 settembre, dalla notizia dell'armistizio; il giorno dopo, trovandosi a comandare provvisoriamente una compagnia distaccata, viene abbandonato da superiori e sottoposti e preso dai tedeschi, dai quali ottiene però di arrendersi con l'onore delle armi e di essere lasciato libero; raggiunge allora il colonnello comandante dell'ormai dissolto reggimento e, una volta ottenuta una formale licenza, torna Roma a piedi. Dopo il discorso di Mussolini alla radio di Monaco che invitava ad un ricompattamento dei fascisti e quello del maresciallo Graziani al teatro Adriano di Roma, compie la sua scelta di campo: si arruola nella costituenda Guardia Nazionale Repubblicana con il grado di capomanipolo. Dopo pochi giorni di lavoro a Venezia, Almirante passa alla sede di Salò dove svolge varie mansioni: prima Capo di Gabinetto del Ministro della Cultura Popolare poi Attendente di Mussolini. La sua attività di funzionario ministeriale viene interrotta tra il novembre 1944 e il gennaio 1945 dalla sua partecipazione, come tenente comandante del reparto del Ministero della Cultura Popolare nella Brigata Nera Autonoma Ministeriale, alla campagna antipartigiana di Val d'Ossola, durante la quale però egli e i suoi uomini non hanno mai occasione di partecipare ai combattimenti. Il 25 aprile 1945 Almirante, che aveva seguito Mussolini e il ministro Mezzasoma a Milano, entra in clandestinità, a causa delle rovinosa caduta del fascismo. Rimane in questa condizione per più di un anno e mezzo. Uscito dalla clandestinità nel settembre 1946, si reca a Roma e da lì intraprende un'intensa attività politica, partecipando alla fondazione di un gruppo di reduci fascisti repubblicani, il "Movimento Italiano di Unita Sociale" (MIUS). Il 26 dicembre 1946, invece, Almirante partecipa alla riunione costitutiva del "Movimento Sociale Italiano" (MSI), che si svolge a Roma nello studio dell'assicuratore Arturo Michelini. Contrariamente a quanto si crede, infatti, Almirante non è stato da subito segretario del MSI, compito che per diversi anni toccò a Nichelini. Nel 1948 Almirante conduce, per le elezioni politiche del 18 aprile, una durissima campagna elettorale; il MSI ottenne il 2 per cento dei voti ed entrò in Parlamento con sei deputati, tra i quali lo stesso Almirante, e un senatore. Almirante in quella prima fase rappresentava la continuità ideale con il fascismo repubblicano. Fu confermato segretario del MSI dopo i primi due congressi nazionali del partito (Napoli, giugno 1948; Roma, giugno-luglio 1949).
Nel corso delle successive legislature della Repubblica Almirante si distinse in battaglie ostruzionistiche in Parlamento come quella contro l'attuazione dell'ordinamento regionale dello Stato. Altre battaglie lo vedono protagonista, come ad esempio quella contro la legge Scelba sul divieto della ricostituzione del Partito fascista o contro la riforma elettorale maggioritaria di De Gasperi, in difesa dell'italianità di Trieste e dell'Alto Adige, contro la nazionalizzazione dell'energia elettrica e contro la riforma della scuola media.
Nel 1969 muore Michelini e, di fronte al problema della successione alla guida di un partito in grave crisi, (nelle elezioni politiche del 1968 era sceso al 4,5 per cento dei voti, suo minimo storico ad eccezione del risultato del 1948), il gruppo dirigente del MSI elegge Almirante segretario nazionale all'unanimità.
La segreteria Almirante mira fin dall'inizio all'unita delle destre, trattando a tal fine con i monarchici e con gli indipendenti di centro-destra. Nelle elezioni regionali del 7 giugno 1970 il MSI ebbe una discreta ripresa, anche grazie al lancio di alcune parole d'ordine da parte del segretario: "alternativa al sistema", "destra nazionale" e cosi via. Inoltre, forte presa sull'elettorato ebbe l'idea della formazione di un "Fronte articolato anticomunista" con altre forze politiche, agglomerato che poi di fatto costituì la Destra Nazionale. Il risultato di questa operazione di maquillage porta il partito ad ottimi risultati nelle elezioni regionali siciliane e amministrative del 13 giugno 1971: il 16,3 per cento dei voti in Sicilia e il 16,2 per cento a Roma.
Il 28 giugno 1972 la Procura della Repubblica di Milano chiede alla Camera l'autorizzazione a procedere contro il segretario nazionale del MSI per il reato di ricostituzione del disciolto Partito fascista, autorizzazione concessa con 484 voti contro 60; ma l'inchiesta sulla presunta ricostituzione del PNF, trasferita alla Procura della Repubblica di Roma non fu mai portata a termine. Nel 1975-76 Almirante prova a rilanciare il suo partito con un'iniziativa che doveva rappresentare una nuova fase dell'operazione Destra Nazionale: la "Costituente di destra per la liberta", organizzazione esterna e alleata, fondata il 22 novembre 1975. Ma nelle elezioni politiche del 20 giugno si consuma la scissione dall'organizzazione giovanile del partito, il Fronte della Gioventù. Almirante commissaria questa organizzazione, e il 7 giugno 1977 nomina egli stesso il nuovo segretario del Fronte nella persona di Gianfranco Fini, allora venticinquenne, che già si era guadagnato la sua fiducia.
Le elezioni regionali e amministrative del 1978 danno però risultati negativi al MSI-DN. Nel corso della campagna elettorale, fra l'altro, un esponente di Democrazia Nazionale lo aveva accusato di favoreggiamento personale nei confronti di un presunto responsabile della strage di Peteano (avvenuta nel 1972); l'accusa, pur smentita dal senatore di Democrazia Nazionale sulle cui confidenze avrebbe dovuto basarsi, portò ad una lunga inchiesta, al cui termine Almirante fu rinviato a giudizio con altri, ma amnistiato prima dell'inizio del processo. Questo fu l'unico coinvolgimento di Almirante in un'inchiesta su fatti di terrorismo; in un altro caso egli, avendo avuto notizia nel luglio 1974 dei preparativi di un attentato ad un obiettivo ferroviario, ne informo subito le autorità.
Iniziata la IX legislatura, diviene presidente del Consiglio Bettino Craxi, che sembrava intenzionato a "sdoganare" il MSI-DN. Ma il partito di Almirante rimase sostanzialmente isolato a destra; e se in un'importante occasione sostenne di fatto il governo Craxi, permettendo nel febbraio 1985 la conversione in legge del cosiddetto secondo decreto Berlusconi, lo fece per una convergenza di interessi con alcune forze della maggioranza (contro il monopolio televisivo di Stato).
Nel luglio 1984 Almirante annuncia la propria intenzione di lasciare la segreteria per ragioni di salute entro la fine dell'anno, in occasione del prossimo congresso nazionale. Ma il partito gli chiede quasi all'unanimità di recedere da tale proposito. L'anziano leader acconsente a rimanere in carica ancora per un biennio. Il XIV congresso nazionale del MSI-DN (Roma, novembre-dicembre 1984) lo rielegge segretario per acclamazione, ignorando la contrapposta candidatura di Tomaso Staiti. Con queste assise inizia la fase finale della seconda segreteria Almirante, in cui tutte le cariche principali furono affidate ad uomini della vecchia guardia e di tutte le correnti. Almirante, poi, assunse personalmente la carica di direttore politico del Secolo d'Italia.
Il 12 maggio 1985 il MSI-DN ottenne nelle elezioni regionali il 6,5 per cento dei voti (suo massimo storico in questo genere di consultazioni) e riportò a Bolzano, nelle elezioni comunali, l'ultimo clamoroso successo del periodo almirantiano, divenendo il primo partito del capoluogo di quella provincia la cui italianità era sempre stata difesa dai missini. Un altro buon risultato il MSI-DN ottenne nelle elezioni regionali siciliane del giugno 1986. Nell'agosto dello stesso anno il segretario missino, colto da malore, dovette essere ricoverato nella clinica romana di Villa del Rosario.
Nelle elezioni politiche del 14 giugno 1987, in occasione delle quali Almirante condusse la sua ultima campagna elettorale, il MSI-DN scese al 5,9 per cento dei voti, 35 seggi alla Camera e 16 seggi al Senato: un insuccesso che concludeva un periodo di quattro anni assai positivo, anche se i risultati particolareggiati confermavano il radicamento del partito in ogni parte d'Italia. Il 6 settembre successivo, in occasione della festa Tricolore di Mirabello (Ferrara), Almirante presentò ufficiosamente come proprio "delfino" il trentacinquenne Gianfranco Fini, il più giovane deputato del MSI-DN. Almirante teneva moltissimo a che il suo successore fosse un suo uomo di fiducia; ma il designato avrebbe potuto essere anche della sua stessa generazione, e in questo caso sarebbe stato probabilmente il vicesegretario vicario Servello. L'imprevista scelta in favore di Fini fu da molti considerata, in quei mesi, un mero stratagemma di Almirante per continuare a dirigere il partito, in qualità di presidente, dopo avere lasciato la segreteria; sette anni dopo, invece, tale scelta si sarebbe rivelata retrospettivamente una delle più felici del fondatore della Destra Nazionale, avendo liberato il MSI-DN dall'ipoteca di un gruppo dirigente troppo anziano e dunque troppo legato al passato per poter mai uscire dal ghetto politico della destra radicale.
Per ovvie ragioni la maggioranza dei vecchi notabili missini accolse con freddezza o aperta ostilità la candidatura di Fini, che incontrava invece il favore di vari notabili della generazione successiva. Nella fase precongressuale il partito fu lacerato dalle più dure polemiche dell'ultimo decennio, polemiche che non risparmiavano il segretario uscente.
Ad ogni modo, Almirante fu eletto presidente del partito il 24 gennaio 1988, per acclamazione, dalla maggioranza del nuovo comitato centrale, incarico che mantenne per soli quattro mesi, gli ultimi della sua vita. Il 22 maggio 1988, dopo mesi di sofferenze e di ricoveri Giorgio Almirante si spegne nella clinica di Villa del Rosario. Fini onoro il suo predecessore e maestro dicendo di lui ...."un grande Italiano"...."il leader della generazione che non si è arresa".
sabato 28 giugno 2008
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