"fiori di ghiaccio", tecniche miste su tavola 65x65
Giovedì 4 ottobre chiuderà la mostra di Danilo Maestosi "Era glaciale" inauguratasi lo scorso 16 settembre nel salone di Palazzo Sasso a Ravello e curata dall’art promoter Bruno Mansi con l’organizzazione dell’Archivio Ravello Arte Contemporanea. L’artista romano ha racchiuso in questa esposizione a Ravello, dove torna sempre volentieri, venti opere a tecnica mista su tavola e come lui stesso afferma ha voluto battezzare con il titolo ‘Era glaciale’ un’epoca fuori del tempo nella quale iscrivere una sorta di grado zero, stadio di trapasso, della vita, della forma, del colore, del segno. “Un limbo di gestazione, del tutto arbitrario, in cui simulare un rito di genesi e separazione degli elementi che fanno da bussola al mio immergermi nel caos, mi scuotono l’anima: l’aria, l’acqua, il fuoco, la terra. E poi nell’alternarsi di gelo e disgelo mettere in scena la voglia e la speranza di cambiamento, i confini e gli slittamenti ambigui tra organico e inorganico, tra la pietra e la carne, tra l’esistenza e la morte, tutti i possibili viaggi sospesi tra l’estasi e la paura, tra sapori e colori”.
Aniello Cinque ed Erminia Pellecchia
“Danilo Maestosi – scrive nel testo del catalogo della mostra Erminia Pellecchia - racconta, con il privilegio che ha del dono della pittura, questo tempo fermo dove, nella confusione e nel caos, la felicità-infelicità è ora, tutto e subito. Scrive con il colore la sua Apocalisse dove nel gelo del bianco che incombe sulla tavola i segni morbidamente incisi e le forme cromatiche lievemente accennate si fanno rivelazione del mondo che verrà. L’artista romano volge lo sguardo là dove siamo davvero – ‘un limbo di gestazione, uno stadio del trapasso’ verso il cielo in attesa del prossimo fiocco di neve. In un ‘presente a caduta libera’, come cantano i Subsonica, creato dalla disgregazione del post che sostituisce l’essere, il pensare ed il fare, lui chiama un time-out che ci impedisca di andare alla deriva. La fisicità del colore, la tensione compositiva, la stratificazione della materia, le tormentate geometrie astratte, il movimento ascendente e circolare dei corpi e delle forme sono la trascrizione emotiva con cui Maestosi esprime le sue inquietudini, la voglia e la speranza di un mondo nuovo in cui la memoria è ragione di cambiamento. La sua pittura di luce supera lo sbarramento drammatico del bianco, quell’ombra di catastrofe annunciata che è, comunque, sempre presente, come un ammonimento, nei suoi dipinti. L’astrazione si sublima in Genesi, l’io-dio che modella l’inorganico in organico. Ed ecco che, citando i titoli di alcune opere presenti in mostra, dal Cuore duro della terra poi Riemerge il colore e dai Fiori di ghiaccio o da Una costola di coccodrillo nasce Tutti figli di Lucy, Lucy-Eva, madre di tutte le madri, madre del caleidoscopico mosaico delle diversità. La vita che fluisce nell’ ’alternarsi di gelo e disgelo’, un viaggio infinito tra la paura di un pianeta che muore e noi con lui nella nostra effimera, ossessiva, fragile sicurezza di eternità e il meccanismo meraviglioso, insondabile, inarrestabile della rinascita nel mutamento”. " il trascolo" tecniche miste su tavola 65x65
Note biografiche
Danilo Maestosi, 1944, romano. Giornalista (Tempo, Paese Sera, Rai, Ansa, Messaggero con cui continua a lavorare come critico d’arte) e pittore.
Danilo Maestosi
La prima personale Come ombre sui muri nel 1998 a villa Rufolo, Ravello; la sua ultima Miraggi di sangue, di sale, di spezie alle Carceri papaline di Montefiascone nel 2011. Lavora per cicli. Tre di questi sono stati esposti al museo del Vittoriano: Lunario (2005); Le mille e una seta (2008), portata anche a Berlino; Concerto-Sconcerto (2010). La mostra Parabole nel 2007 è stata allestita al Macro di Roma e poi al Cairo e in altre città egiziane. Nel 2011 ha partecipato alle collettive In memoria della Shoa a Tel Aviv e Sulle orme di Marco Polo ad Hang Zou in Cina. Nel 2010 e 2011 è stato invitato al Festival del cinema per ragazzi di Giffoni Valle Piana. E’ stato tra i protagonisti, nel 2011, della mostra-riflessione Noi credevamo. Identità graffiata ai Dioscuri del Quirinale.
Hanno scritto, tra gli altri, di lui: Vittorio Sgarbi, Marco Tonelli, Claudio Strinati, Massimo Bignardi, Gabriele Simongini, Patrizia Fiorillo, Carmine Siniscalco, Danilo Eccher, Ennio Calabria, Erminia Pellecchia, Walter Veltroni.
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