la tavolozza di Theile |
La sua casa è già residenza per nuovi pittori di tutto il
mondo. Infatti il primo artista è a
Positano: si chiama SEBASTIAN LLOYD REES e le sue opere realizzate nella casa/studio di Theile tra ottobre e novembre, saranno presentate il prossimo 30 novembre alle ore 11. La sua performance artistica si svolgerà al Pastiniello partendo dalla chiesetta San Giovanni e passando da quella di San Matteo, per concludersi nella Casa di
Michele Theile in via della Feluca 2.
Dall'ufficio stampa:
Sebastian Lloyd Rees, un giovane esponente norvegese dell'arte contemporanea. |
Le cose cambiano,
diventano familiari e dobbiamo lasciarle.
Lenore Kandel
Il nuovo corpus di opere di Sebastian Lloyd
Rees, realizzato in occasione della prima Residenza d’artista Michele Theile,
guarda al processo pittorico come esercizio meditativo al fine di raggiungere
una realtà parallela. Esso mira a tracciare un più elevato metodo formativo con
narrazioni personali e collettive. I suoi dipinti anelano a rappresentare le
costanti trasmutazioni dei meccanismi corporei e mentali che accompagnano i
gesti creativi, ad un tempo influenzandoli ed essendone influenzati. Tracciando
la molteplicità di immortalate visioni, questa nuova serie di opere utilizza
forme di astrazione come strumento per evocare la potenzialità e l’esperienza
tattile della perdita, del fallimento, del caos.
Il lavoro di Rees può essere percepito come un
mezzo per comprendere il mondo sfuggendo al già noto. I suoi dipinti,
presentati alla Chiesa San Giovanni, fungono da parabole per riflettere su
dolori vissuti e non ancora espressi, su agonie rimaste non documentate. Cosa
significa avere la strana sensazione di perdere ripetutamente il controllo
della vita? Cosa ci vuole per toccare l’alterità di quest’atto come ingresso in
un altrove, in un là e allora, parafrasando le parole dello studioso di
performance José Esteban Muñoz?
Pur rifiutando l’alfabetizzazione delle
strutture figurative, le opere di Rees riescono a generare un rapporto
dialettico con un’entità derivante dal sé, o che al sé riporta. Affinché questa
entità possa essere sentita, toccata, consapevolmente o inconsapevolmente
riconosciuta, servono coraggio, potere e amore. La sua pratica è un commento
sul rispecchiamento come atto di illuminazione. Rappresentando visivamente
sensazioni, istinti o intuizioni nel rispetto della loro inafferrabile natura,
il suo nuovo corpus di opere si basa su un calcolo diverso, a-sintattico, del
tempo. Passati, presenti e futuri coesistono, riordinando la semantica di
concetti quali valore e convalida. Ciò che vale, o ciò che è reso
legalmente valido, attingendo alle rispettive etimologie di queste due
parole, è l'ignoto, ciò che eternamente circola. Le sue forme scultoree -
esposte alla Chiesa San Matteo - operano quindi come lettura del timore di
sottrarsi alle risorse razionalmente date, di affrontare il rischio di
lasciarsi andare. Tuttavia, esse fanno ottimisticamente ricorso a modi che
permettono di vivere altrimenti la vita, quando ciò che è fissato non è più una
promessa.
Attraverso l’uso di vernici e pennelli, e
derivando sia i colori sia la loro materialità da una serie di alchimie, il
lavoro di Rees intende trovare un idioletto visivo che sposa il quotidiano:
serve da vernacolo dell’esistenza, con le estasi e i dolori che la vita come
progetto incarna. Riferendosi ai propri concetti teorici, lo studioso Fred
Moten ha affermato che essi non sono per tutti, eppure sono per tutti.
Le opere di Rees affrontano l’asse di questa citazione, opponendosi
deliberatamente all’imposizione di un unico significato. La responsabilità, nell’opera
di Rees, diventa una condotta reciproca condivisa tra il creatore ed il
pubblico; non tutti sono disposti a prendersela, ma tutti sono invitati a
farlo. La sua pratica è un’introduzione ad una catena di processi decisionali
in cui gli oggetti scultorei diventano gli intercessori, i mediatori per
accedere all’impossibile. Seguendo il ritmo fisico del dipinto, sia l’artista
che lo spettatore hanno la libertà di sfidare o espandere il dominio della
cultura visiva. Le sue opere equivalgono ad ascoltare, a sfiorare, un movimento
verso l’alternanza.
Entering è una mostra creata per le rotture, le ferite e gli abissi di gravità. È un vagabondare in irrequieti paesaggi disobbedienti ed autocostruzioni. È una mostra che verte su immaginari sacri e palinsesti psichici che mutano nel tempo e nello spazio. È una mostra che affronta l’oscurità e la luce come forze non antitetiche, bensì complementari.
Ioanna Gerakidi
l'ingresso di Casa Theile, dove si concluderà l'evento con un rinfresco e il saluto degli organizzatori. |
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