lunedì 25 novembre 2019

Il sogno di Michele Theile si sta avverando. A Positano SEBASTIAN LLOYD REES

la tavolozza di Theile
Il sogno tanto desiderato da Michele Theile si sta avverando grazie all’amore per arte di Mario e Leni Attanasio.
La sua casa è già residenza per nuovi pittori di tutto il mondo. Infatti il primo artista è a Positano: si chiama SEBASTIAN LLOYD REES e le sue opere realizzate nella casa/studio di Theile tra ottobre e novembre, saranno presentate il prossimo 30 novembre alle ore 11. La sua performance artistica si svolgerà al Pastiniello partendo dalla chiesetta San Giovanni e passando da quella di San Matteo, per concludersi nella Casa di Michele Theile in via della Feluca 2.
Sebastian Lloyd Rees, un giovane esponente norvegese dell'arte contemporanea. 
Dall'ufficio stampa:
Le cose cambiano, diventano familiari e dobbiamo lasciarle.
Lenore Kandel

Il nuovo corpus di opere di Sebastian Lloyd Rees, realizzato in occasione della prima Residenza d’artista Michele Theile, guarda al processo pittorico come esercizio meditativo al fine di raggiungere una realtà parallela. Esso mira a tracciare un più elevato metodo formativo con narrazioni personali e collettive. I suoi dipinti anelano a rappresentare le costanti trasmutazioni dei meccanismi corporei e mentali che accompagnano i gesti creativi, ad un tempo influenzandoli ed essendone influenzati. Tracciando la molteplicità di immortalate visioni, questa nuova serie di opere utilizza forme di astrazione come strumento per evocare la potenzialità e l’esperienza tattile della perdita, del fallimento, del caos.
Sebastian seduto sul muretto preferito da Michele
Il lavoro di Rees può essere percepito come un mezzo per comprendere il mondo sfuggendo al già noto. I suoi dipinti, presentati alla Chiesa San Giovanni, fungono da parabole per riflettere su dolori vissuti e non ancora espressi, su agonie rimaste non documentate. Cosa significa avere la strana sensazione di perdere ripetutamente il controllo della vita? Cosa ci vuole per toccare l’alterità di quest’atto come ingresso in un altrove, in un là e allora, parafrasando le parole dello studioso di performance José Esteban Muñoz?

Pur rifiutando l’alfabetizzazione delle strutture figurative, le opere di Rees riescono a generare un rapporto dialettico con un’entità derivante dal sé, o che al sé riporta. Affinché questa entità possa essere sentita, toccata, consapevolmente o inconsapevolmente riconosciuta, servono coraggio, potere e amore. La sua pratica è un commento sul rispecchiamento come atto di illuminazione. Rappresentando visivamente sensazioni, istinti o intuizioni nel rispetto della loro inafferrabile natura, il suo nuovo corpus di opere si basa su un calcolo diverso, a-sintattico, del tempo. Passati, presenti e futuri coesistono, riordinando la semantica di concetti quali valore e convalida. Ciò che vale, o ciò che è reso legalmente valido, attingendo alle rispettive etimologie di queste due parole, è l'ignoto, ciò che eternamente circola. Le sue forme scultoree - esposte alla Chiesa San Matteo - operano quindi come lettura del timore di sottrarsi alle risorse razionalmente date, di affrontare il rischio di lasciarsi andare. Tuttavia, esse fanno ottimisticamente ricorso a modi che permettono di vivere altrimenti la vita, quando ciò che è fissato non è più una promessa.
 
Sebastian con Marco Predieri
Attraverso l’uso di vernici e pennelli, e derivando sia i colori sia la loro materialità da una serie di alchimie, il lavoro di Rees intende trovare un idioletto visivo che sposa il quotidiano: serve da vernacolo dell’esistenza, con le estasi e i dolori che la vita come progetto incarna. Riferendosi ai propri concetti teorici, lo studioso Fred Moten ha affermato che essi non sono per tutti, eppure sono per tutti. Le opere di Rees affrontano l’asse di questa citazione, opponendosi deliberatamente all’imposizione di un unico significato. La responsabilità, nell’opera di Rees, diventa una condotta reciproca condivisa tra il creatore ed il pubblico; non tutti sono disposti a prendersela, ma tutti sono invitati a farlo. La sua pratica è un’introduzione ad una catena di processi decisionali in cui gli oggetti scultorei diventano gli intercessori, i mediatori per accedere all’impossibile. Seguendo il ritmo fisico del dipinto, sia l’artista che lo spettatore hanno la libertà di sfidare o espandere il dominio della cultura visiva. Le sue opere equivalgono ad ascoltare, a sfiorare, un movimento verso l’alternanza.

Entering è una mostra creata per le rotture, le ferite e gli abissi di gravità. È un vagabondare in irrequieti paesaggi disobbedienti ed autocostruzioni. È una mostra che verte su immaginari sacri e palinsesti psichici che mutano nel tempo e nello spazio. È una mostra che affronta l’oscurità e la luce come forze non antitetiche, bensì complementari.

Ioanna Gerakidi
l'ingresso di Casa Theile, dove si concluderà l'evento con un rinfresco e il saluto degli organizzatori.
 
uno scorcio di casa Theile



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