mercoledì 14 dicembre 2016

Mamma e Figlio: di Romolo Ercolino

                                                              Mamma e Figlio

pescatori sulla spiaggia Grande di Positano.
Sullo sfondo i due faraglioni abbattuti da un siluro britannico.
Quei 4 uomini  il ragazzino e tanti altri ancora  presero parte al salvataggio dei naufraghi
                             
        
    Poco distanti dalla torre di Fornillo si ergevano due faraglioni che, per le loro dimensioni, furono denominati Mamma quello più esterno e Figlio quello piccolo e più prossimo alla costa.

Nel pomeriggio del 2 febbraio del 1943, l’anno più tragico della seconda guerra mondiale, un sommergibile inglese il Safari, celato da più giorni tra le isole dei Galli, tese un agguato a due I faraglioni mercantili italiane il Salemi ed il Val Savoia, in viaggio da Napoli a Salerno affondandoli poco al largo di Positano. Le vittime del breve ed impari scontro furono soltanto cinque grazie anche al tempestivo intervento dei numerosi pescatori di Positano che, incuranti del pericolo, con le loro piccole barche, corsero in aiuto dei naufraghi che, tratti in salvo, furono rifocillati e curati da tanti positanesi accorsi sulla spiaggia per prestare soccorso a quei loro più sfortunati fratelli.

            Uno dei siluri che, forse, aveva mancato il bersaglio, o deliberatamente diretto contro la torre di Fornillo sulla copertura della quale vi era una postazione militare nota al nemico, nella sua folle corsa di seminatore di morte, andò a schiantarsi contro il faraglione Mamma sul quale, pochi anni prima il maestro Alberto Bella, fratello del noto pittore e scultore Raffaele, aveva murato un pannello in maiolica vietrese con l’immagine della Madonna Assunta di Positano. La pietà popolare interpretò l’avvenimento come un segno di protezione della Madonna verso il figlio e, estendendo il suo manto protettivo anche sui positanesi e sui soldati posti di vedetta sulla torre che aveva ripreso la sua antica funzione di torre di guardia e di difesa da lo nero periglio che vien dal mare, come recitava l’editto angioino che ordinava la costruzione di una linea di torri di guardia di difesa per tutte le marine del Regno.

Il siluro col suo carico esplodente e non dirompente come la polvere nera, mandò in frantumi la maggior parte degli strati di roccia calcarea che formavano lo scoglio. Il blocco di roccia sul quale era stato murato il pannello con l’immagine della Madonna, pur franando in mare con tutto il resto, restò miracolosamente intatto.

Negli anni cinquanta una violenta tempesta di mare abbattutasi sulle nostre coste fece, durante la notte, rovinare in mare anche il Faraglione Figlio. La mattina successiva Positano si svegliò orfano di entrambi i faraglioni.

In questi ultimi tempi sta tornando di moda, come un vecchio ritornello, l’idea di ricostruire i due faraglioni come erano e dove erano. Come ho già avuto occasione di dire e ribadire in altre circostanze questa sarebbe un intervento costoso e non filologicamente corretto; un’operazione molto più semplice e con costi molto più contenuti, sarebbe quella di recuperare il solo masso su cui è murata l’effige della Madonna che ho riportato anche su Positano la città verticale e trovargli una più consona collocazione. Un posto d’onore nel museo del viaggio o, meglio ancora, presso la lapide dei caduti sul sagrato della Chiesa Madre, ad imperitura memoria anche dell’avvenimento bellico del 2 febbraio del’43 del quale si sta purtroppo, col passare degli anni, perdendo memoria; dei marinai che in quel tragico e impari scontro caddero per la patria, e dei tanti positanesi che si adoperarono in quel frangente. 

Cerchiamo tutti insieme di collaborare, nei limiti delle proprie forze, per realizzare un intervento volto alla salvaguardia e conservazione della nostra Storia patria. Lo dobbiamo ai nostri padri.

Per questa operazione di recupero, per la quale anche il tempo stringe, vi è e vi sarà sempre tutta la mia disponibilità, e non solo la mia, tutto il mio appoggio e tutto il mio impegno per il suo buon fine.

A tutti coloro che volessero saperne di più su quel tragico avvenimento del 2 febbraio del’43 consiglio il saggio sull’argomento di Giuseppe Sabella anche lui cultore, storico e amante di Positano.
 ( Romolo Ercolino)

                                                                                  

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