Poco distanti dalla torre di
Fornillo si ergevano due faraglioni che, per le loro dimensioni, furono
denominati Mamma quello più esterno e Figlio quello piccolo e più
prossimo alla costa.
Nel pomeriggio
del 2 febbraio del 1943, l’anno più tragico della seconda guerra mondiale, un
sommergibile inglese il Safari, celato da più giorni tra le isole
dei Galli, tese un agguato a due I
faraglioni mercantili italiane il Salemi ed il Val
Savoia, in viaggio da Napoli a Salerno affondandoli poco al largo di
Positano. Le vittime del breve ed impari scontro furono soltanto cinque grazie
anche al tempestivo intervento dei numerosi pescatori di Positano che,
incuranti del pericolo, con le loro piccole barche, corsero in aiuto dei
naufraghi che, tratti in salvo, furono rifocillati e curati da tanti positanesi
accorsi sulla spiaggia per prestare soccorso a quei loro più sfortunati
fratelli.
Uno dei siluri che, forse, aveva
mancato il bersaglio, o deliberatamente diretto contro la torre di Fornillo
sulla copertura della quale vi era una postazione militare nota al nemico,
nella sua folle corsa di seminatore di morte, andò a schiantarsi contro il
faraglione Mamma sul quale, pochi anni prima il maestro Alberto Bella, fratello
del noto pittore e scultore Raffaele, aveva murato un
pannello in maiolica vietrese con l’immagine della Madonna Assunta di Positano.
La pietà popolare interpretò l’avvenimento come un segno di protezione della
Madonna verso il figlio e, estendendo il suo manto protettivo anche sui
positanesi e sui soldati posti di vedetta sulla torre che aveva ripreso la sua
antica funzione di torre di guardia e di difesa da lo nero periglio che vien dal mare, come recitava l’editto angioino
che ordinava la costruzione di una linea di torri di guardia di difesa per
tutte le marine del Regno.
Il siluro col suo carico esplodente e non dirompente come la polvere
nera, mandò in frantumi la maggior parte degli strati di roccia calcarea che formavano
lo scoglio. Il blocco di roccia sul quale era stato murato il pannello con
l’immagine della Madonna, pur franando in mare con tutto il resto, restò
miracolosamente intatto.
Negli anni cinquanta una violenta tempesta di mare abbattutasi sulle nostre
coste fece, durante la notte, rovinare in mare anche il Faraglione Figlio. La
mattina successiva Positano si svegliò orfano di entrambi i faraglioni.
In questi ultimi tempi sta tornando di moda, come un vecchio ritornello,
l’idea di ricostruire i due faraglioni come
erano e dove erano. Come ho già avuto occasione di dire e ribadire in altre
circostanze questa sarebbe un intervento costoso e non filologicamente
corretto; un’operazione molto più semplice e con costi molto più contenuti,
sarebbe quella di recuperare il solo masso su cui è murata l’effige della
Madonna che ho riportato anche su Positano
la città verticale e trovargli una più consona collocazione. Un posto
d’onore nel museo del viaggio o, meglio ancora, presso la lapide dei caduti sul
sagrato della Chiesa Madre, ad imperitura memoria anche dell’avvenimento
bellico del 2 febbraio del’43 del quale si sta purtroppo, col passare degli
anni, perdendo memoria; dei marinai che in quel tragico e impari scontro
caddero per la patria, e dei tanti positanesi che si adoperarono in quel
frangente.
Cerchiamo tutti insieme di collaborare, nei limiti delle proprie forze,
per realizzare un intervento volto alla salvaguardia e conservazione della
nostra Storia patria. Lo dobbiamo ai nostri padri.
Per questa operazione di recupero, per la quale anche il tempo stringe,
vi è e vi sarà sempre tutta la mia disponibilità, e non solo la mia, tutto il
mio appoggio e tutto il mio impegno per il suo buon fine.
A tutti coloro che volessero saperne di più su quel tragico avvenimento
del 2 febbraio del’43 consiglio il saggio sull’argomento di Giuseppe Sabella
anche lui cultore, storico e amante di Positano.
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