Galleria Francesco Zanuso
Corso di Porta
Vigentina, 26 - 20122 Milano
dal lunedì al venerdì
15.00 - 19.00 o su appuntamento: 335 6379291 www.galleriafrancescozanuso.com
Le Signorine
di Maura Santoro
Paolo cominciò a nutrire i primi sospetti, allorquando, sul fondo
porcellanato della vasca da bagno, trovò, rossa e sconsolata una stella marina.
Era certo di averla vista il mattino precedente ben stretta fra le dita di una
tra le più floride signorine, quella col sorriso da Gioconda. Ci fu poi
l’episodio della Coppa Davis. Seguendo pigramente un pomeriggio le gare di
doppio, quale la sua sorpresa nel vedere in campo quattro signorine che lo
speaker aveva presentato in inglese come provenienti da Torre a Mare, Praiano,
Italy. Aveva fatto un balzo dalla poltrona, dove era sprofondato, ma le
figurine sullo schermo, s’erano proprio in quel momento deformate fino a
diventare una sequela ininterrotta di strisce a zig zag, finché la scritta
interruzione dei programmi non l’aveva piombato ne dubbio più atroce. Quella
volta lì era corso alla Torre, girato in fretta la pesante chiave nella toppa
arrugginita, spalancato l’uscio: tutto era apparentemente in ordine come lo
aveva lasciato. La Gioconda rimirava la sua stella immersa nell’abbraccio
immobilizzante di una vasca di creta, le signorine tenniste mostravano le
esigue mutandine fissate sulla tela, chi nell’atto di un rovescio chi di un
dritto. Anche le altre erano al loro posto, sui piedistalli, in plastica attitudine,
sguardo sognante, membra più che tornite, capelli ravvivati, giocando - in una
parola - all’unico gioco consentito loro: le belle statuine. Con un sospiro di
sollievo Paolo si era chiuso la porta alle spalle, anche se uno scalpiccio
soffocato lo aveva fatto tornare sui suoi passi quasi a volerne sorprendere
qualcuna sul fatto. Poi - la mano ferma a mezz’aria nell’atto di riaprire, lo
scalpiccio spento come per incanto - s’era detto sono pazzo e tornandosene a
casa, non ci aveva pensato più. Durante quei giorni di piena estate aveva
lavorato serenamente alla Torre. Scendeva al tramonto salutato dalle ultime
barche che lasciavano Praiano e dallo stormire delle fronde d’ulivo che si
affacciavano ad arco sul sentiero sterrato. All’inizio della stagione, lui ne
tagliava alcune per ricavarsi un varco attraverso il quale poter passare, quasi
dolendosene e per questo motivo eseguiva la potatura con garbo e rispetto, come
ogni altra cosa, del resto le sue mani delicate erano capaci di fare, fosse una
carezza o una delle sculture gentili di cui era popolata la Torre. Nelle sere
di plenilunio attendeva il fresco appena fuori la porta, seduto su poltroncine
degli anni sessanta, che avevano memorie di notti sfrenate all’Africana, in
mezzo a cespugli di euforbia e lentisco, una ghirlandetta di lampadine ad
incoronare un fiore d’agave, gran pavese di quella nave sognante sulla quale
ogni notte l’inquilino della Torre prendeva il largo insieme alle sue
fanciulle. Fu così, che un po’ alla volta, quelle presero confidenza e come
animalucci selvatici lasciarono la loro tana per avvicinarsi timidamente
all’uomo. Paolo ne trovava ovunque di tracce inconfondibili. Piccole orme
profonde - le signorine misuravano ognuna nel proprio un centinaio di chili ben
distribuiti - sul sentiero che dalla Torre portava alla casa di lui. Doni
inaspettati quali un piatto di spaghetti scotti sul tavolo - le signorine erano
negate per la cucina - un’improponibile camicia a fiori di dubbio gusto appesa
nell’armadio - gli
americani che frequentavano la
prospiciente spiaggia di Praiano - è sempre rametti di corallo e stelle marine
nella vasca da bagno dove le signorine, come odalische, si contendevano il
piacere di un bagno. La più intraprendente fra tutte gli comparve un giorno
dinanzi mentre lui puliva i pennelli, lo guardò da sotto in su impudica nel
solo pezzo di sotto di un vecchio costume da bagno a cui Paolo aveva ritenuto
di non dover accoppiare quello di sopra, lasciando che la signorina mostrasse
il seno opulento come una selvaggia.
Voglio sposarti – gli disse con voce flautata.
Quella era una richiesta impossibile. Paolo, infatti, si guadagnava da
vivere grazie alle signorine. Quando ne acquistavano una, lui diceva “è andata
via”, parendogli volgare e improprio il verbo vendere, un parlare da tratta
delle bianche. Fu quindi con tutto il garbo di cui era capace e cerando le
parole giuste che declinò l’allettante proposta della seminuda, che imbronciata
tornò sul proprio piedistallo, dal quale non scese per giorni e giorni
nonostante Paolo l’accarezzasse ogni sera prima di lasciare la Torre.
Consentì, quindi, che lui l’affidasse a un americano - lo stesso a cui
lei medesima aveva rubato la camicia - che la portò con sé oltre oceano, in una
villa da miliardari, dove si annoiò a morte poiché non comprendeva la lingua
che i vocianti ospiti del Creso parlavano durante i ricevimenti, nei quali
veniva esibita quale trofeo del Grand Tour. Quando era partita le sue compagne
si erano fatte vicino alla finestrella e lungamente l’avevano seguita con lo
sguardo ineffabile mentre l’americano, tenendola amorevolmente tra le braccia,
scendeva verso l’imbarcadero dove un veloce motoscafo l’attendeva per
ricondurlo al suo yacht. Quella che di loro Paolo aveva raffigurato con due
colombelle poggiate sulle palme delle mani schiuse, non possedendo gambe ma
solamente busto, aveva chiesto che la finestrella si spalancasse perché le
colombe potessero volarle dietro, fino al paese lontano dove il destino doveva
condurla. Ma il giorno dopo Paolo scese alla Torre con un bel quadro sotto al
braccio, nel quale faceva mostra di sé un pescatore subacqueo completo di
fucile e di polpone arpionato. Quella sera tutti mangiarono insalata di mare,
allegramente seduti sulle sedioline dell’Africana. L’unico di mal umore si
rivelò il pescatore, che sdegnosamente rifiutò il cibo, adducendo bruciore di
stomaco e stizzito rimase sulla tela orbo della preda.
D’inverno quando il mare si ingrossa e rare diventano le visite alla
Torre, la più gradita è quella del postino che reca provenente da ogni dove
cartoline ingobbiate e illustrate, coperte da una scrittura fitta fitta, minuta
come solo le loro minuscole dita sanno vergare. Mentre Paolo legge ad alta
voce, le signorine gli si raccolgono attorno ascoltando, col loro sguardo
sognante, chiedendosi quale di loro sarà la prossima a partire. Da anni le
Signorine Sandulli vanno e vengono, passando parte della loro vita nella torre
saracena, segregate come donne di un harem e come quelle fedeli al loro visir,
che non sposandone alcuna le ha sposate tutte, anche quelle che poi vanno via.
Liana
a Paolo Sandulli
Un
busto di donna
scovai
nella torre
alla
Marina di Praia,
una
madonna antica
minoica
oppure
orientale
della
Cina lontana,
il
viso dolce di biacca,
spugna
di mare
rosso
porpora la chioma,
una
divinità,
che
regge ora
le
sorti della casa
come
i sacri penati
di
antica memoria.
Miliscola, 7 settembre 2014
di Giacomo Garzya
Paolo Sandulli
Nasce ad Avellino nel 1949. Diploma di maturità classica. Frequenta due
anni la facoltà di Architettura di Napoli. Si iscrive al Corso di Pittura di
Giovanni Brancaccio presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, poi per tre
anni a Roma con il Maestro Gentilini con cui si diploma in pittura. Continua
gli studi alla Ruche di Parigi già residenza-studio di Chagall, Soutine,
Archipenko e Viani, dove lavora per cinque anni. Nel 1980 apre uno studio a
Napoli e vi rimane per sei anni, lavorando con la Galleria Mediterranea
presentato da Paolo Ricci. Poi si trasferisce a Bergamo alla Ca Rossa di
Mapello. Dal 1993 vive in Costiera Amalfitana, a Praiano, dove si dedica alla
scultura e alla terracotta. Alcune delle sue opere impreziosiscono il giardino
del Palazzo Murat di Positano, altre le sale del Syrene Bellevue di Sorrento,
il prestigioso ristorante L’Olivo del Capri Palace di Anacapri e altre ancora
le ville e la torre dell’isola de Li Galli. Quadri e sculture sono in
collezioni private in Italia e all’estero.
Esposizioni Personali
1970 Circolo della Stampa, Avellino
1971
Galleria Meneghini, Milano
1974
Galleria Arti Visive, Roma
1976
Galleria Arte 33, Avellino
1978
Galleria Documenta, Torino
1979
Azienda Soggiorno e Turismo, Positano
1979
Museo Irpino, Avellino
1980
Antichi Arsenali della Repubblica, Amalfi
1981
Galleria Mediterranea, Napoli
1981
Palazzo Murat, Positano
1982
Galleria Mediterranea, Napoli
1982
Galleria Arte 33, Avellino
1983
Galleria Documenta, Torino
1983
Galleria Mediterranea, Napoli
1983
Palazzo Murat, Positano
1983
Castello Aragonese, Ischia
1984
Centro Polivalente, S.Giuseppe Vesuviano
1985
Galleria Arte 33, Avellino
1986
Castello Aragonese, Ischia
1986 La
Bottegaccia, Salerno
1987
Galleria Il Convento, Ischia
1987
Galleria zia Maria, Positano
1988
Istituto Italiano di Cultura, Vienna
1988
Galleria Ganzerli, Napoli
1988
Stufe di Nerone, Baia
1988
Torre a Mare, Praiano
1989 Le
Myricae, Roma
1989
Torre a Mare, Praiano
1990
Galleria Vantellini, Milano
1990
Galleria Gris, Avellino
1990
Torre a Mare, Praiano
1991
Torre a Mare, Praiano
1992
Arte 33, Avellino
1993
Torre a Mare, Praiano
1993
Antichi Arsenali della Repubblica di Amalfi
1993 Ex
Carcere Borbonico, Avellino
1994
Centro Culturale Poiein, Napoli
1995
Casa della Cultura Victor Hugo, Avellino
1995
Galleria Idee d’Arte, Positano
1995
Galleria Arcadia, Avellino
1997
Studio Parisio, Napoli
1999 La
Gabella Marina di Praia, Praiano
2004
Hotel Poisedon, Positano
2005
Hotel Bellevue Syrene, Sorrento
2005
Galleria d’Arte “Seidlstrasse 4 Galerie & Cantina”, Murnau
2007
Museo Villa Ruffolo, Ravello
2008
Mediterraneo, Positano
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