giovedì 10 dicembre 2015

Paolo Sandulli espone a Milano presso la Galleria Francesco Zanuso


Galleria Francesco Zanuso
Corso di Porta Vigentina, 26 - 20122 Milano
dal lunedì al venerdì 15.00 - 19.00 o su appuntamento: 335 6379291 www.galleriafrancescozanuso.com
 
 
 
Le Signorine
di Maura Santoro
Paolo cominciò a nutrire i primi sospetti, allorquando, sul fondo porcellanato della vasca da bagno, trovò, rossa e sconsolata una stella marina. Era certo di averla vista il mattino precedente ben stretta fra le dita di una tra le più floride signorine, quella col sorriso da Gioconda. Ci fu poi l’episodio della Coppa Davis. Seguendo pigramente un pomeriggio le gare di doppio, quale la sua sorpresa nel vedere in campo quattro signorine che lo speaker aveva presentato in inglese come provenienti da Torre a Mare, Praiano, Italy. Aveva fatto un balzo dalla poltrona, dove era sprofondato, ma le figurine sullo schermo, s’erano proprio in quel momento deformate fino a diventare una sequela ininterrotta di strisce a zig zag, finché la scritta interruzione dei programmi non l’aveva piombato ne dubbio più atroce. Quella volta lì era corso alla Torre, girato in fretta la pesante chiave nella toppa arrugginita, spalancato l’uscio: tutto era apparentemente in ordine come lo aveva lasciato. La Gioconda rimirava la sua stella immersa nell’abbraccio immobilizzante di una vasca di creta, le signorine tenniste mostravano le esigue mutandine fissate sulla tela, chi nell’atto di un rovescio chi di un dritto. Anche le altre erano al loro posto, sui piedistalli, in plastica attitudine, sguardo sognante, membra più che tornite, capelli ravvivati, giocando - in una parola - all’unico gioco consentito loro: le belle statuine. Con un sospiro di sollievo Paolo si era chiuso la porta alle spalle, anche se uno scalpiccio soffocato lo aveva fatto tornare sui suoi passi quasi a volerne sorprendere qualcuna sul fatto. Poi - la mano ferma a mezz’aria nell’atto di riaprire, lo scalpiccio spento come per incanto - s’era detto sono pazzo e tornandosene a casa, non ci aveva pensato più. Durante quei giorni di piena estate aveva lavorato serenamente alla Torre. Scendeva al tramonto salutato dalle ultime barche che lasciavano Praiano e dallo stormire delle fronde d’ulivo che si affacciavano ad arco sul sentiero sterrato. All’inizio della stagione, lui ne tagliava alcune per ricavarsi un varco attraverso il quale poter passare, quasi dolendosene e per questo motivo eseguiva la potatura con garbo e rispetto, come ogni altra cosa, del resto le sue mani delicate erano capaci di fare, fosse una carezza o una delle sculture gentili di cui era popolata la Torre. Nelle sere di plenilunio attendeva il fresco appena fuori la porta, seduto su poltroncine degli anni sessanta, che avevano memorie di notti sfrenate all’Africana, in mezzo a cespugli di euforbia e lentisco, una ghirlandetta di lampadine ad incoronare un fiore d’agave, gran pavese di quella nave sognante sulla quale ogni notte l’inquilino della Torre prendeva il largo insieme alle sue fanciulle. Fu così, che un po’ alla volta, quelle presero confidenza e come animalucci selvatici lasciarono la loro tana per avvicinarsi timidamente all’uomo. Paolo ne trovava ovunque di tracce inconfondibili. Piccole orme profonde - le signorine misuravano ognuna nel proprio un centinaio di chili ben distribuiti - sul sentiero che dalla Torre portava alla casa di lui. Doni inaspettati quali un piatto di spaghetti scotti sul tavolo - le signorine erano negate per la cucina - un’improponibile camicia a fiori di dubbio gusto appesa nell’armadio - gli
americani che frequentavano la prospiciente spiaggia di Praiano - è sempre rametti di corallo e stelle marine nella vasca da bagno dove le signorine, come odalische, si contendevano il piacere di un bagno. La più intraprendente fra tutte gli comparve un giorno dinanzi mentre lui puliva i pennelli, lo guardò da sotto in su impudica nel solo pezzo di sotto di un vecchio costume da bagno a cui Paolo aveva ritenuto di non dover accoppiare quello di sopra, lasciando che la signorina mostrasse il seno opulento come una selvaggia.
Voglio sposarti – gli disse con voce flautata.
Quella era una richiesta impossibile. Paolo, infatti, si guadagnava da vivere grazie alle signorine. Quando ne acquistavano una, lui diceva “è andata via”, parendogli volgare e improprio il verbo vendere, un parlare da tratta delle bianche. Fu quindi con tutto il garbo di cui era capace e cerando le parole giuste che declinò l’allettante proposta della seminuda, che imbronciata tornò sul proprio piedistallo, dal quale non scese per giorni e giorni nonostante Paolo l’accarezzasse ogni sera prima di lasciare la Torre.
Consentì, quindi, che lui l’affidasse a un americano - lo stesso a cui lei medesima aveva rubato la camicia - che la portò con sé oltre oceano, in una villa da miliardari, dove si annoiò a morte poiché non comprendeva la lingua che i vocianti ospiti del Creso parlavano durante i ricevimenti, nei quali veniva esibita quale trofeo del Grand Tour. Quando era partita le sue compagne si erano fatte vicino alla finestrella e lungamente l’avevano seguita con lo sguardo ineffabile mentre l’americano, tenendola amorevolmente tra le braccia, scendeva verso l’imbarcadero dove un veloce motoscafo l’attendeva per ricondurlo al suo yacht. Quella che di loro Paolo aveva raffigurato con due colombelle poggiate sulle palme delle mani schiuse, non possedendo gambe ma solamente busto, aveva chiesto che la finestrella si spalancasse perché le colombe potessero volarle dietro, fino al paese lontano dove il destino doveva condurla. Ma il giorno dopo Paolo scese alla Torre con un bel quadro sotto al braccio, nel quale faceva mostra di sé un pescatore subacqueo completo di fucile e di polpone arpionato. Quella sera tutti mangiarono insalata di mare, allegramente seduti sulle sedioline dell’Africana. L’unico di mal umore si rivelò il pescatore, che sdegnosamente rifiutò il cibo, adducendo bruciore di stomaco e stizzito rimase sulla tela orbo della preda.
D’inverno quando il mare si ingrossa e rare diventano le visite alla Torre, la più gradita è quella del postino che reca provenente da ogni dove cartoline ingobbiate e illustrate, coperte da una scrittura fitta fitta, minuta come solo le loro minuscole dita sanno vergare. Mentre Paolo legge ad alta voce, le signorine gli si raccolgono attorno ascoltando, col loro sguardo sognante, chiedendosi quale di loro sarà la prossima a partire. Da anni le Signorine Sandulli vanno e vengono, passando parte della loro vita nella torre saracena, segregate come donne di un harem e come quelle fedeli al loro visir, che non sposandone alcuna le ha sposate tutte, anche quelle che poi vanno via.
 
 
Liana
a Paolo Sandulli
Un busto di donna
scovai nella torre
alla Marina di Praia,
una madonna antica
minoica
oppure orientale
della Cina lontana,
il viso dolce di biacca,
spugna di mare
rosso porpora la chioma,
una divinità,
che regge ora
le sorti della casa
come i sacri penati
di antica memoria.
Miliscola, 7 settembre 2014
di Giacomo Garzya
 
a Paolo ...
 
Paolo Sandulli
Nasce ad Avellino nel 1949. Diploma di maturità classica. Frequenta due anni la facoltà di Architettura di Napoli. Si iscrive al Corso di Pittura di Giovanni Brancaccio presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, poi per tre anni a Roma con il Maestro Gentilini con cui si diploma in pittura. Continua gli studi alla Ruche di Parigi già residenza-studio di Chagall, Soutine, Archipenko e Viani, dove lavora per cinque anni. Nel 1980 apre uno studio a Napoli e vi rimane per sei anni, lavorando con la Galleria Mediterranea presentato da Paolo Ricci. Poi si trasferisce a Bergamo alla Ca Rossa di Mapello. Dal 1993 vive in Costiera Amalfitana, a Praiano, dove si dedica alla scultura e alla terracotta. Alcune delle sue opere impreziosiscono il giardino del Palazzo Murat di Positano, altre le sale del Syrene Bellevue di Sorrento, il prestigioso ristorante L’Olivo del Capri Palace di Anacapri e altre ancora le ville e la torre dell’isola de Li Galli. Quadri e sculture sono in collezioni private in Italia e all’estero.
 
 
 
Esposizioni Personali


1970 Circolo della Stampa, Avellino
1971 Galleria Meneghini, Milano
1974 Galleria Arti Visive, Roma
1976 Galleria Arte 33, Avellino
1978 Galleria Documenta, Torino
1979 Azienda Soggiorno e Turismo, Positano
1979 Museo Irpino, Avellino
1980 Antichi Arsenali della Repubblica, Amalfi
1981 Galleria Mediterranea, Napoli
1981 Palazzo Murat, Positano
1982 Galleria Mediterranea, Napoli
1982 Galleria Arte 33, Avellino
1983 Galleria Documenta, Torino
1983 Galleria Mediterranea, Napoli
1983 Palazzo Murat, Positano
1983 Castello Aragonese, Ischia
1984 Centro Polivalente, S.Giuseppe Vesuviano
1985 Galleria Arte 33, Avellino
1986 Castello Aragonese, Ischia
1986 La Bottegaccia, Salerno
1987 Galleria Il Convento, Ischia
1987 Galleria zia Maria, Positano
1988 Istituto Italiano di Cultura, Vienna
1988 Galleria Ganzerli, Napoli
1988 Stufe di Nerone, Baia
1988 Torre a Mare, Praiano
1989 Le Myricae, Roma
1989 Torre a Mare, Praiano
1990 Galleria Vantellini, Milano
1990 Galleria Gris, Avellino
1990 Torre a Mare, Praiano
1991 Torre a Mare, Praiano
1992 Arte 33, Avellino
1993 Torre a Mare, Praiano
1993 Antichi Arsenali della Repubblica di Amalfi
1993 Ex Carcere Borbonico, Avellino
1994 Centro Culturale Poiein, Napoli
1995 Casa della Cultura Victor Hugo, Avellino
1995 Galleria Idee d’Arte, Positano
1995 Galleria Arcadia, Avellino
1997 Studio Parisio, Napoli
1999 La Gabella Marina di Praia, Praiano
2004 Hotel Poisedon, Positano
2005 Hotel Bellevue Syrene, Sorrento
2005 Galleria d’Arte “Seidlstrasse 4 Galerie & Canti­na”, Murnau
2007 Museo Villa Ruffolo, Ravello
2008 Mediterraneo, Positano
 

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