Salerno, Pinacoteca provinciale, 14 novembre/8
dicembre 2013
Vernissage 14 novembre, ore 18
Venticinque dipinti recenti,
sulla scia della mostra presentata la scorsa estate al Palazzo delle Arti di
Frosinone e in anteprima all’allestimento previsto al Vittoriano di Roma la
prossima primavera: Maestosi lavora sul bianco, un colore – spiega l’artista
romano – di gestazione, il colore dell’era glaciale lo chiamava Kandinsky,
padre fondatore dell’arte contemporanea”.
“Altre possibili coltivazioni, creare
un ponte tra ciò che esiste e ciò che ancora non esiste attraverso l’innesto,
perché diventi invisibile la linea di cesura”, sottolineano Borghese e Pellecchia
nel testo, “Il giardino dell’utopia” che accompagna l’esposizione salernitana. Il
pittore si interroga sul presente, “su questo infinito deserto di un tempo
senza luogo e di una desolazione senza poi”, scavando nel passato, quasi
archeologo dell’anima, e portandolo alla luce per innestare le possibili,
autentiche direttrici del divenire. “Quasi volesse ricordare le nostre origini
contadine, la possibilità di trasformare la pianta, di restituire vita al
tronco morente – osservano ancora i curatori della mostra – Maestosi, nell’oscillazione
ariosa di geometria e astrazione lirica, in quei segni e colori che si
sviluppano in continua metamorfosi, sembra consegnare e restituire allo
spettatore-attore una speranza per il futuro”.
I botanici, ricorda l’artista, “ricavano nuovi sapori e nuovi frutti o riportano a galla essenze ormai estinte incrociando specie vegetali attraverso sovrapposizioni, incisioni e ferite. Fare arte oggi non è molto diverso. La pittura come grido di stupore e silenzio. Vita che spunta sotto una coltre di ghiaccio. Maneggiamola con cautela: è molto fragile”.
I botanici, ricorda l’artista, “ricavano nuovi sapori e nuovi frutti o riportano a galla essenze ormai estinte incrociando specie vegetali attraverso sovrapposizioni, incisioni e ferite. Fare arte oggi non è molto diverso. La pittura come grido di stupore e silenzio. Vita che spunta sotto una coltre di ghiaccio. Maneggiamola con cautela: è molto fragile”.
Note biografiche
Danilo Maestosi, 1944,
romano. Giornalista (Tempo, Paese Sera, Ansa, Rai, Messaggero con cui continua
a lavorare come critico d’arte) e pittore. La prima personale “Come ombre sui
muri” nel 1998 a palazzo della Marra, Ravello: le sue ultime mostre “Miraggi di
sangue, di sale, di spezie” alle Carceri papaline di Montefiascone nel 2012 ed
“Innesti” nella villa comunale di Frosinone nel 2013.Lavora per cicli. Tre di questi sono stati esposti al museo del Vittoriano di Roma: “Lunario” (2005), portata anche a Napoli e Potenza; “Le mille e una seta” (2008), portata anche a Berlino; “Concerto-Sconcerto” (2010) esposta anche a Viterbo e a
Lodi.
La mostra “Parabole” del 2007 è stata allestita al Macro di Roma, poi al Cairo e in altre città egiziane, infine con formula diversa al museo Ramatgan di Tel Aviv.
Nel 2011 ha partecipato alle
collettive in memoria della Shoa a Tel Aviv e “Sulle orme di Marco Polo” ad
Hang Zou in Cina. Per quattro anni, dal 2010, è stato invitato al Festival del
Cinema per ragazzi di Giffoni Valle Piana.
E’ stato tra i protagonisti,
nel 2011, della mostra-riflessione “Noi credevamo. Identità graffiata” ai
Dioscuri del Quirinale. E’ stato invitato quest’anno, per la seconda volta, al
Premio Sulmona.
Hanno scritto, tra gli altri,
di lui: Vittorio Sgarbi, Marco Tonelli, Claudio Strinati, Massimo Bignardi,
Gabriele Simongini, Rino Mele, Patrizia Fiorillo, Carmine Siniscalco, Danilo
Eccher, Ennio Calabria, Alfio Borghese, Erminia Pellecchia, Walter Veltroni.
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