Presso la Galleria d'arte Le 4uattro Pareti.
a cura di Alessandra Fusco
Marco Abbamondi è un puro.
Ha radici ben piantate nelle sue origini e spalle pronte a
scrivere una nuova storia. Il suo viaggio “tangibile”, fatto di contaminazioni, umori e
sensazioni, parte dall’utilizzo della materia.
Uno scambio continuo, viscerale, con tutto ciò che è
diverso, senza mai dimenticare la tradizione. Quella superstizione che ci
appartiene e che ci riporta con i piedi per terra quando abbiamo paura.
Che siano pezzi di strade sconfinate, reperti archeologici
contemporanei o doppie verità in campana, il filo conduttore rimane l’umanità.
E con essa tutta la dolcezza della fragilità, che ci coglie impreparati, che ci
spinge a guardarci dentro e oltre.
La scelta della materia come compagna di viaggio, poi, parte
dalla necessità di poter sempre toccare con mano la realtà. Sporcarsi
con il pigmento puro e sentirsi vivi, infiniti per un attimo, e sublimi. Tutto cambia. Sappiamo da dove siamo arrivati ma non sapremo
mai dove arriveremo. Le certezze non contano, conta quanta voglia si ha di
rischiare; conta tenersi strette le contraddizioni che la vita ci ha regalato e
sentirsi pronti a rialzarsi.
Sempre.
Ci troviamo di fronte ad un iperuranio
di pietra, dove ogni vita è rotonda e ha pochi abitanti. Apparentemente tutto
sembra equilibrato: i suoi omini sembrano conoscere perfettamente la storia
narrata.
Sembrano quasi sbeffeggiarci, contenti della loro esistenza
di cartapesta, intenti a compiere azioni molto simili alle nostre. Se poi ci
soffermiamo sui titoli, ci renderemo conto che a farla da padrona è un’ironia
scanzonata, deus ex machina dell’esistenza.
Sembra quasi divertirsi, Parisio Perrotti, a scrivere ogni
volta una nuova storia, con un animo perfettamente imperfetto, dove
l’imperfezione è ben nascosta e diventa la nostra caccia al tesoro.
Più guardiamo i suoi omini, più ci rendiamo conto che la storia narrata è la nostra, che quella solitudine ci appartiene. Lo stupore, la consapevolezza di un’esistenza fragile e discontinua, diventa così il motore della sua ricerca artistica, che, attraverso realtà eteree e pietrificate, ci racconta anche la sua esistenza. Razionalmente ironica, profondamente umana.
Più guardiamo i suoi omini, più ci rendiamo conto che la storia narrata è la nostra, che quella solitudine ci appartiene. Lo stupore, la consapevolezza di un’esistenza fragile e discontinua, diventa così il motore della sua ricerca artistica, che, attraverso realtà eteree e pietrificate, ci racconta anche la sua esistenza. Razionalmente ironica, profondamente umana.
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