L' invito un pò volgare di “Vai a ca***e” non si può più dire. E' un’ingiuria e va condannata. Lo stabilisce la Cassazione, con una condanna al pagamento di 1000 euro di multa.
Il caso in questione riguarda un sessantenne, che avrebbe usato l’espressione durante una delicata discussione di lavoro. Secondo la Corte, la frase lede la dignità della persona alla quale è rivolta.
In particolare, con la sentenza 15.350, la Suprema Corte ha respinto il ricorso con il quale Vittorio A. contestava la multa inflittagli dal giudice di pace di Santià nel febbraio 2009.
L’episodio era stato denunciato da Giuseppe P., suo socio di lavoro, che si era risentito per essere stato apostrofato in quel modo. Senza successo Vittorio ha sostenuto, davanti ai giudici, che quella frase non era offensiva perché ormai entrata nel linguaggio corrente.
Secca la risposta della Cassazione: “lo scurrile e crudo frasario, esulante dalla mera insofferenza o fastidio”, colpiva l’interlocutore con violenza, “vulnerando il senso di dignità e di rispetto che accompagna la persona nella sua dimensione individuale e sociale”.
“La pretesa desensibilizzazione della coscienza collettiva di fronte alle asperità della volgarità dominante, conclude la sentenza, non vale a scriminare lesioni così vistose della propria onorabilità, se non a costo di operare una sorta di depenalizzazione delle norme, che spetta solo al legislatore”.
giovedì 22 aprile 2010
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