Furore : dall' alto
Furore : da mare
Chi percorre la S.S. 163
che da Meta di Sorrento porta a Vietri sul mare collegando tutti i paesi della
costiera amalfitana col suo l’andamento sinuoso a mezza costa ad ogni curva, e
sono numerosissime, è sorpreso da panorami inaspettati e mozzafiato. Superata
Positano, la città verticale e la perla della divina costiera, si raggiunge
Praiano col suo caratteristico e antico borgo di pescatori di “La Praia” con la
sua architettura spontanea. Superata questa gemma si giunge ad una forra
selvaggia con pareti calcaree quasi verticali in fondo alla quale scorre il
torrente Schiatro.
La Praia
La gola si restringe
verso il mare fin quasi a collegare fra di loro le due ripide pareti. Questo ha
permesso di superare il tratto di mare sottostante con la costruzione di un
artistico ponte in basalto e mattoni e pietre calcaree realizzato nella seconda
metà del XIX secolo quando furono completati i lavori di costruzione del
secondo lotto della strada di collegamento da Meta di Sorrento ad Amalfi che
unì, con un filo d’asfalto, le due costiere.
Il Ponte di Furore
Questo ponte è, a parere
unanime, l’opera architettonica più bella di tutto il tratto stradale divenuto
con l’avvento del turismo un belvedere perché permette di godere di una vista
panoramica sul Fiordo di Furore e sul
suo caratteristico e antico borgo di pescatori addossato ad una delle pareti e
parzialmente scavato in roccia. Questo borgo, unitamente a quello della Praia,
sono stati fatti conoscere nel secondo dopoguerra da registi come Roberto
Rossellini che qui realizzarono alcuni film neorealisti, come Notte di Tempesta, Amore, interpretati dalla divina Anna Magnani che s’innamorò
perdutamente di questo luogo dell’anima.
Violenta mareggiata
Furore, fu anticamente denominata Terra Furoris, per il fragore prodotto
dall’infrangersi dei marosi contro le strette pareti rocciose della forra e al
loro riversarsi, durante le tempeste, attraverso la stretta apertura nella
minuta marina.
A differenza degli altri
comuni della Costiera amalfitana, Furore non è, un agglomerato urbano ma un
insieme di case sparse sui tre colli che formano il suo territorio e che
godono, al variare delle stagioni, d’incantevoli e mutevoli panorami sul golfo
di Salerno.
Questa peculiarità gli è
valsa la definizione di Paese che non c’è; anche se i suoi abitanti
hanno sempre mantenuto un forte legame sia tra di loro che con la propria
terra.
Nulla si sa sulle sue
origini, ma come per la maggior parte degli altri paesi della costiera, anche
Furore deve essere nata come rifugio dalle invasioni dei barbari e dalle
incursioni dei saraceni che, agli albori del Medio evo attratti dalla fama
delle ricchezze della nostra terra, compivano, all’arrivo di ogni nuova stagione (Estate), razzie e saccheggi. Con
la diffusione del monachesimo divenne asilo per monaci e anacoreti provenienti
dall’Oriente a causa dell’Iconoclastia. I nuovi arrivati colonizzarono l’area
realizzando i caratteristici terrazzamenti di pietrame calcareo a secco per
raccogliere il poco humus disponibile e piantumarvi viti e olivi, le due
essenze che hanno sempre accompagnato le migrazioni dei popoli del
Mediterraneo, e divenuti la peculiarità più evidente del nostro paesaggio
costiero.
In origine la sua fu un’economia di
sopravvivenza con un’agricoltura povera alla quale faceva da contraltare una
pastorizia ancora più povera per mancanza di pascoli in considerazione del
suolo sterile e sassoso. Un aiuto economico alla laboriosa comunità era dato
dalla pesca e da attività artigianali di sostegno come la lavorazione del
ferro, in particolare campanacci per bovini e greggi, la lavorazione di fibre
vegetali, in particolare dello sparto, un’erba spontanea e perenne che cresce
sui nostri monti ed utilizzata per la fabbricazione di funi per l’agricoltura e
di sartie per le barche, di stuoie e di scope. La sua cellulosa fu impiegata
anche nella lavorazione della carta quando Amalfi, prima città d’Italia, alla
fine del primo millennio, iniziò la sua produzione. Altra attività di
sopravvivenza era la produzione della calce e lavorazione di utensili in legno
per uso domestico.
Particolare
di rilievo nel sistema economico dell’antico Ducato d’Amalfi fu la
distribuzione sul territorio delle attività produttive più importanti che
restarono sempre un appannaggio dei vari paesi produttori evitando così
illecite concorrenze tra poveri che avrebbero solo danneggiato i buoni
rapporti, l’economia generale ed il mercato interno.
La
pesca stagionale aiutava, nei limiti del possibile, l’economia generale. Fu per
questa esigenza che alla marina di Furore, posta, all’interno del fiordo, come
in altri paesi costieri, fu realizzato un borgo di pescatori, arroccato su una
delle pareti della forra con la sua chiesetta ricavata parzialmente in una
grotta. Ottimo esempio di architettura per sottrazione spontanea.
Questo borgo divenne il
cuore pulsante dell’intero insediamento perché, in assenza di strade, tutti i
collegamenti, i trasporti ed i trasferimenti avvenivano solo via mare. La
marina del fiordo, unico punto d’attracco e di collegamento col mondo esterno,
divenne il centro della vita commerciale e preindustriale di Furore. Le acque
dello Schiatro, prima di riversi in mare, movimentavano mulini arabi, così detti perché a ruota orizzontale, una cartiera emporetica nella quale veniva
utilizzata anche cellulosa di sparto e dava alla carta un colore verdognolo
utilizzata in particolar modo dalle pescherie, ed una calcara, forno per la produzione della calce, utilizzata in passato
in agricoltura, per l’igiene delle case, delle stalle, per biancheggiare
tessuti, carta, ecc. Queste attività preindustriali erano appannaggio del clero
e della nobiltà locale. Dalla sua marina partivano, per i paesi costieri
cilentani, barche cariche carta, di sfarinati e di prodotti agricoli riportandone
vino e olio.
Tra Praiano e Furore una roccia con le sembianze di una mamma con
il bimbo ... la gente del posto l'ha dedicata alla madonna con Gesù
Il borgo Marina, al quale
ora si può accedere anche dalla strada statale attraverso l’antica scalinatella
di collocamento con la parte alta di Furore, ha conservato, anche se
recentemente restaurato unitamente alle strutture proto industriali, che
altrimenti sarebbero andate perse sia come monumenti che come testimonianze
storiche, il primitivo aspetto di borgo marinaro con la sua caratteristica
architettura povera e spontanea, con le casette che, per ragioni economiche,
venivano addossate le une alle altre e abbarbicate alla roccia.
Oggi Furore è famosa per il suo
fiordo, per la bontà dei suoi vini che hanno ottenuto, ben meritatamente, la
denominazione d’origine controllata e perché una delle sedi per le gare
sportive internazionali di tuffi da grande altezza che avvengono proprio dal
suo ponte e richiamano sempre un gran numero di appassionati e di cultori di
questo sport.
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