giovedì 8 dicembre 2011

SAN NICOLA : festeggiamenti a Chiesa Nuova

un servizio di rosalba satriano e massimo capodanno

Il 6 dicembre è il giorno di San Nicola, il santo più venerato e celebrato nei secoli passati; la sua festa, per tutto il tempo in cui il Natale rimase una ricorrenza strettamente religiosa, fu probabilmente la festa secolare più popolare.
La figura di San Nicola pare che derivi dalla fusione di due vescovi abitanti a Myra, un’antica città della Licia, in Asia Minore. Vissuti l’uno nel III o IV secolo e l’altro nel VI secolo, furono assimilati nella figura di San Nicola di Myra, autore, secondo la tradizione, di tantissimi miracoli.
Il suo amore per i piccoli é ricordato anche da un miracolo: resuscitò tre bambini durante le persecuzioni degli ariani. Per questo motivo san Nicola divenne il santo patrono dell’infanzia. La storia ci dice che morì nell'anno 350.
La tradizione narra anche che San Nicola, avendo ricevuto in eredità grandi ricchezze, donò tutti i suoi averi ai poveri, in particolare donò tre borse piene d’oro ad altrettante giovani fanciulle che non potevano sposarsi perché prive di dote. Nel cuore della notte San Nicola lasciò cadere queste borse accanto alle fanciulle che dormivano, così che non sapessero chi gliele avesse date. Il voler restare anonimo è una caratteristica che in seguito il personaggio di Babbo Natale fece sua.
Il santo disegnato dai bambini di Chiesa Nuova Secondo la leggenda, San Nicola non era solo il patrono dei bambini, ma anche della famiglia e della fecondità. Egli veniva invocato dalle coppie che desideravano avere figli, tanto che nei cantoni svizzeri dire che una donna aveva pregato san Nicola equivaleva a dire che era incinta, e dire che una famiglia aveva ricevuto la visita di Sant Klos (la dizione dialettale di san Nicola, da cui molto probabilmente deriva il nome di Santa Claus) significava che in quella famiglia era nato un bambino.
L’analogia con la leggenda di Babbo Natale è più evidente se si pensa che si diceva che la notte del 6 dicembre San Nicola passasse sul suo cavallo bianco sopra i tetti delle case, lasciando cadere dalla cappa del camino i regali per i bambini o il neonato invocato e atteso. Tutto ciò richiama alla mente Babbo Natale che con la sua slitta trainata dalle renne passa di notte sopra i nostri tetti.
I doni di San Nicola



“Paese che vai usanza che trovi” dice un vecchio proverbio e le diverse tradizioni si riscontrano anche nel periodo natalizio. Se ci spostiamo nel Nord Italia o in alcuni paesi del Nord Europa come l’Austria, la Germania, l’Olanda, la Danimarca scopriremo che i bambini ricevono i regali all’inizio di Dicembre e a portarli è un vecchio con il manto rosso che spesso viaggia in groppa ad un asinello o ad un cavallo bianco. Chi è questo vecchio? Ma è San Nicola: il personaggio che trasporta dentro l'atmosfera del Natale !
Non va dimenticato, per concludere in allegria la giornata tutta particolare del 6 dicembre, l’assortito spiegamento, nelle vetrine di tutti i paesi del Nord, di un esercito di dolci in forma di san Nicola: statuine di cioccolato al latte, fondente o con variegate sfumature di colori, caramelle, lecca-lecca, pan speziato, biscotti al miele, fiorini d’oro e persino mongolfiere (particolarità pasticciera di Sint-Niklaas-Fiandre), oltre alla miriade di gadgets del buon Vescovo: un vero assalto di cacao alla gola dei bambini…e non solo.
Vi é poi una grande manifestazione degli studenti di Leida che sfilano indossando vecchi costumi, preceduti dal carro con cavalli impennacchiati, sul quale, il più bravo di loro siede vestito da San Nicola. Con queste allegre feste in realtà il mondo ricorda che, per tutta la sua vita, il vescovo fu sempre vicino ai fanciulli, insegnando loro a far opere buone, a soccorrere gli infelici e a confortare i derelitti.
La tradizione nordica vuole infatti che nella notte del 5 dicembre i bambini lascino un bicchiere di vino e un piatto con la farina o le bucce di patate in modo tale che San Nicola e l'asino che lo accompagna possano rifocillarsi mentre distribuiscono dolciumi ai bambini.
San Nicola si festeggia pressochè in tutti i Paesi del Nord Europa ma anche in alcune aree italiane come Bolzano e Merano dove è tradizione che i bambini oggi scrivano la letterina per chiedere regali e doni da ricevere a Natale e che assistano alle tradizionali sfilate che vedono il Santo aggirarsi per le città distribuendo leccornie e doni di vario tipo. Il resto dell'anno lo passa fabbricando giocattoli e ricevendo lettere sul comportamento dei bambini.
Nella tradizione francese, è chiamato Père Nöel, e la sua festa si è sviluppata in modo analogo alla tradizione anglosassone.Solitamente San Nicolò è accompagnato da un personaggio chiamato Knecht Ruprecht (soprattutto nel nord) o Krampus (nel sud: Austria, Svizzera e Alto Adige), una sorta di diavolo che si sostituisce a Babbo Natale allo scopo di rapire i bambini. Negli Stati Uniti appendono sopra il caminetto una calza, che in Italia è invece lasciata per la Befana, affinché il donatore la riempia di giochi e dolciumi. In altre culture mettono le loro scarpette fuori. Lo stesso fanno la sera prima del 6 dicembre, per la festa di San Nicola. L'usanza di portare doni non è riservata a Babbo Natale o ad altri personaggi particolari, ma si sviluppa anche attraverso uno scambio reciproco di doni, sia in ambito familiare che tra amici.

Un po’ di storia….
Per quanto strano possa apparire, l’andamento della festa di S. Nicola nei primi secoli dopo la traslazione è particolarmente carente di documentazione. Il primo riferimento alla festa liturgica sembra trovarsi nella narrazione russa: Quel giorno, il papa di Roma Urbano, i vescovi e tutti i cittadini istituirono una grande festa in onore del Santo, che ripetono annualmente sino al giorno d’oggi. Mangiarono, bevvero e fecero festa in quei giorni, e molti doni fecero ai poveri. Mentre nella bolla di consacrazione di Elia (1089) le espressioni erano ancora generiche (le festività di S. Nicola, S. Sabino, ecc.), nelle successive bolle di concessione del pallio da parte dei romani pontefici si cominciò a distinguere la festività del 6 dicembre da quella del 9 maggio.
Documenti relativi alle due feste e alle fiere divengono sempre più numerosi nei secoli successivi, anche se nessuno parlerà del modo in cui la festa popolare si svolgeva. Un particolare che emerge dai “Quinterni” dell’Archivio di S. Nicola (messi in luce da V.A. Melchiorre), è quello dell’addobbo della cripta nella prima metà del XVI secolo. Vi si parla di luci e addobbi diversi, nonché di mazzetti di “mortella” sparsi qua e là, più tardi sostituiti da rami d’arancio o limone, che avrebbero dovuto dare una particolare fragranza.
Se prescindiamo dalla festa liturgica, per giungere su un terreno solido a proposito della festa popolare bisogna attendere il 1620, con la comparsa della Historia di S. Nicolò del gesuita barese P. Antonio Beatillo il qulae afferma che la festa sin dai tempi antichi fu solennizzata con pompa segnalatissima. Tuttavia egli riporta anche una tradizione che ricordava da bambino e che quindi affondava le sue radici in epoche precedenti: l’usanza dell’università di Bari di mandare in dono in tal giorno alla Chiesa del Santo, per solennizzar più la festa, molte torce accompagnate per tutte le piazze della città con suoni di pifari, tamburi, e trombe; e due grandi stendardi lavorati vagamente di seta, et oro, un de’ quali era della Chiesa stessa del Santo, e l’altro al principio de’ Duchi, e poi a suo tempo de’ Rè del nostro Regno di Napoli.
Ancora dai “Quinterni” veniamo a conoscenza del ruolo riservato nella festa ai fuochi pirotecnici, per i quali il capitolo destinava somme notevoli. A semplificare la cosa venivano coinvolti i battaglioni di stanza a Bari. Ad essi veniva consegnata una certa quantità di polvere, e i soldati avrebbero provveduto a coordinare i colpi di moschetteria e di cannoni. Poco a poco cominciarono ad essere ingaggiati abili artificieri, non necessariamente appartenenti all’esercito, i quali si preoccupavano di sparare in concomitanza della messa cantata e dopo la recita del panegirico. Il numero dei botti variava da 160 a 250, a seconda della situazione finanziaria del momento. Analogamente a quanto accade anche oggi, la scarica di colpi si chiudeva con due colpi molto più potenti degli altri, designati come “femmine”.
Due documenti (del 1832 e 1842), tratti dal Melchiorre dal fondo “Priorato”, sono le prime testimonianze della processione a mare. Nel secondo di questi, ad esempio, è detto: Per inveterato religioso costume suole questa città e la mia Real Chiesa specialmente fare la commemorazione della Traslazione delle reliquie di S. Nicola da Myra a Bari ove riposano, figurando la venuta del Santo da mare, che viene poi al Molo ricevuto dalla Plebe cristiana, la quale in gran numero riceve una statua del Santo nel dì otto d’ogni mese di Maggio, che porta di giorno e di sera in Processione per la Città con immensi lumi e senza mai accadervi disturbo alcuno in effetto della somma divozione, che vi si tiene.
Da una successiva descrizione di Giulio Petroni nella sua Storia di Bari, si deduce che la festa a mare dell’8 maggio non era molto diversa da quella attuale, fatta eccezione ovviamente del tipo di luminarie. Su due battelli la statua di S. Nicola si staccava dalla spiaggia di S. Leonardo (all’altezza del Largo Adua), e dopo essere stato sul mare, sull’imbrunire rientrava a terra, continuando la processione fra due fila di marinai. Questi ultimi portavano giubetta di velluto nero, panciotto di panno lano scarlatto con parecchi ordini di bottoni d’argento pendenti, pantaloni di tela bianca con sciarpa di seta a vari colori stretta ne’ fianchi.
La suggestività della festa a mare colpì anche un pellegrino russo, Vladimir Mordvinov (nel 1874 o qualche anno prima), che lasciò questa descrizione: All’alba tutti si avvicinano al mare. Sul molo, con un ricco addobbo alla maniera degli altari cattolici, appare il clero di Bari e dei paesi vicini indossando i paramenti sacri. Su un palco appositamente preparato si dispongono le autorità civili e militari in uniforme. Il disco del sole emerge dalle lontane acque dorate del mare, e in lontananza, dall’oriente spunta appena visibile una flottiglia di piccole imbarcazioni. Sono le barche che, la sera precedente per tempo, hanno preso il largo senza farsi notare dagli abitanti. Ora, al mattino, tornano festosamente, riccamente ornate. Sulla barca principale è innalzata l’immagine di S. Nicola Taumaturgo, circondata dal clero. Si diffonde nell’aria un soave canto liturgico, al quale partecipano, quasi fosse un dialogo musicale, altri cantori ecclesiastici che si trovano a riva. L’arcivescovo con tutto il clero va incontro alla statua del Santo accogliendola sul molo, e la processione si snoda gradatamente dal mare verso le vie della città. Avanti vanno centinaia di bambini vestiti di bianco, che portano fiori. Dietro, in abiti simili a quelli dei monaci, migliaia di soci di varie congregazioni religiose di beneficenza. Colossale è la statua del Santo portata a spalla dai devoti, innumerevoli i cortei del clero recanti grandi candele in mano, al termine dei quali viene l’arcivescovo col suo seguito. Ondate di gente, crepitìo di mortaretti, spari, canti e musiche, al suono di tutte le campane dell’antica Bari e con lo scampanìo delle celebri campane della Basilica di S. Nicola. Tutte cose che formano un quadro commovente e solenne. Questa è l’impressione che si ricava dalla festa in onore del nostro amato Santo in quella lontana città straniera.
Negli anni ottanta del XIX secolo, forse anche in prossimità dell’8º Centenario della Traslazione, si cercò di accentuare l’aspetto organizzativo, introducendo anche la “caravella”. Ai primi del 1887, il Comitato popolare della festività del Centenario di S. Nicola fu insediato in una diecina di sottocommissioni con compiti specifici che andavano dalle finanze alla lotteria di beneficenza, dall’illuminazione e gli spettacoli pubblici alla fiera e al festival. Alcune commissioni ebbero il compito di curare gli alloggi, le trattorie, le regate, le musiche e persino la storiografia. Le feste avrebbero dovuto durare dal cinque maggio, inaugurate da 21 colpi di cannone, fino al cinque giugno, con la premiazione degli espositori alla fiera enologica.
Una finta barca o “caravella”, sulla quale dinanzi alla Basilica la sera del 7 maggio fu issato un vecchio quadro del Santo, fu trainata a braccia da una trentina di marinai in costume fino alla piazza Cavour. Li precedeva un vessillifero a cavallo con le insegne del comune. Il quadro, che sembra essere lo stesso impiegato in molte recenti edizioni del corteo storico (firmato Simplicius, e datato MDCXXVI), veniva poi collocato sull’altare del tempietto di piazza Mercantile.
L’8 maggio si tenne la tradizionale processione a mare, con sbarco e imbarco sulla spiaggia di S. Lorenzo, con la viva partecipazione dei pellegrini. E le feste continuarono il 9 e i giorni successivi. Il che però non vuol dire che si riuscisse a mantenere fede a tutti gli impegni e progetti. Alcune manifestazioni dovettero essere omesse, e qua e là affioravano le tracce di una organizzazione alquanto approssimativa. Tuttavia, non si può negare che quel centenario rappresentò un momento di spinta nella consapevolezza della cittadinanza. L’impulso dato in quell’anno, infatti, lasciò tracce anche negli anni successivi.

Dai primi numeri del Bollettino di S. Nicola (fondato nel 1906 per raccontare appunto le feste di maggio e di dicembre) si evince l’attività frenetica nelle vie di Bari in occasione delle feste. Un gran numero di pellegrini (le cifre variano da 15.000 a 30.000) giungevano specialmente dall’Abruzzo, dal Molise, dalla Campania e dalle Puglie, incentivati anche dalle sensibili facilitazioni ferroviarie. Cinque bande musicali si alternavano a creare una festosa atmosfera in città, mentre la sera il cielo era illuminato dai fuochi pirotecnici. In alcune manifestazioni erano previsti anche lanci di palloncini.
Nella Basilica la liturgia era resa solenne da rinomati predicatori e dalle esecuzioni della Schola cantorum guidata dal maestro P. La Rotella. I canonici si preoccupavano anche di offrire il pranzo ai pellegrini che venivano da lontano (nel 1907 lo ebbero ben 6730 pellegrini).
Pellegrinaggi sono attestati da Frignano Maggiore (CE), Parete e S. Cipriano d’Aversa, Lusciano, S. Arpino, Teverola, Caivano, Cesa (CE, pellegrinaggio dal 1871 guidato dal capogruppo Mosé Ferrante), Vasto Aimone (350 persone, di cui 289 a piedi), Lanciano e S. Vito di Lanciano, Guardiagrele, Orsogna (Chieti), Castelpetroso, S. Angelo in Grotte, Pollutri, Toro, Casalanguida, Mafalda, Palmoli, Castelfrentano, Bomba. Pietrelcina e Montenero di Bisaccia. Così fotografava il Bollettino la situazione nel 1908: Le compagnie di pellegrini recatisi in Bari a sciogliere i loro voti sulla Tomba del Santo dal 20 aprile a tutto Maggio furono in numero di 121 con un complessivo di n. 15 mila provenienti in gran parte dagli Abruzzi, dalla Capitanata, dal Molise, dalla Campania e da tutte le Puglie. Di questi ricevettero gratis il pranzo nell’Ospizio annesso alla R. Basilica quasi novemila oltre a quelli che, non potendo fermarsi più a lungo in Bari per attendere il loro turno, ebbero la sola devozione del pane benedetto.
Per il 1913 il Bollettino di S. Nicola invitava a sempre più splendide feste popolari, ma distinguendole più chiaramente dalle feste religiose. Fu questo un cammino lento, ma continuo. Ed infatti, quando nel 1952 prese il via il Maggio di Bari, le manifestazioni civili furono nettamente distinte da quelle religiose, anche se in alcuni punti il clero partecipava alle manifestazioni civili.
Nel frattempo, dal 1951 la Basilica era affidata alle cure dei Padri Domenicani, subentrati, per volere del papa Pio XII al real capitolo nicolaiano. I nuovi religiosi si trovarono così, con fresco entusiasmo, a sposare il nuovo vento di primavera delle feste di maggio. E gli anni Cinquanta divennero l’epoca d’oro del Maggio di Bari e del Corteo Storico. Ogni nuovo priore dei Domenicani dall’inizio fino ad oggi ha cercato di imprimere un nuovo ritmo. E particolarmente spettacolare risultò la festa del 1987, fortemente voluta dal padre Damiano Bova, rettore del tempo, in occasione del nono centenario. Rieletto nel 2005 continua a tenere i contatti con la pubblica amministrazione, affinché sempre più articolato sia il coordinamento fra le manifestazioni civili e quelle religiose.
I pellegrini vengono ancora, specialmente dalla Campania e dall’Abruzzo e Molise. Il compito della Città è quello di saper essere ospitale e di accoglierli con affetto e simpatia.




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