Il cappello di paglia di Firenze
Un racconto di Francesco Talamo....un positanese doc!
Avevo trascorso gran parte dell’estate a Campobasso, dove avevo preso lezioni di latino per sostenere gli esami di riparazione per il terzo liceo classico. Dopo le lezioni, con alcuni studenti che frequentavano le stesse lezioni ci intrattenevamo sul corso principale della città, dove avevamo conosciuto diverse ragazze e passeggiavamo spensierati scambiandoci battute,sorriseti maliziosi e sguardi laconici.
Era divenuta ormai una consuetudine incontrarci e la nostra amicizia aveva lasciato il posto a qualche sentimento diverso. Così accadde che mi ritrovai ad incontrarmi ogni giorno con la stessa ragazza e ci scambiavamo le nostre idee, discutevamo dei nostri problemi. Arrivammo così alla fine del corso e, a malincuore, dovevo lasciare Campobasso per sostenere gli esami a Sorrento. In uno dei nostri ultimi incontri la ragazza che potrei chiamare la mia ragazza mi confidò che con la famiglia andava per una quindicina di giorni a Ravello dopo aver sostenuto gli esami. La invitai a passare un giorno a Positano, promettendole poi di andare a trovarla a Ravello con la Vespa , che avevo a Positano. Lei accettò volentieri il mio programma e con queste premesse ci salutammo.
Superammo felicemente gli esami e ricevetti, come d’accordo, una cartolina che mi annunciava la sua venuta a Positano. Mi ripromettevo di passare una giornata insieme a lei e poi di accompagnarla in Vespa a Ravello, ma le cose andarono diversamente.La ragazza arrivò con l’autobus da Amalfi in compagnia di una sua amica che l’aveva seguita a Ravello. Passammo una giornata sulla spiaggia, facemmo il bagno, andammo in barca, mangiammo in un ristorante alla spiaggia, ma la giornata fu velata da un senso di noia che non riuscimmo a superare. Quell’atmosfera di intimità e cordialità che si era stabilita fra noi a Campobasso sembrava essersi svanita nel nulla. Accompagnai le ragazze al bus per Amalfi promettendo loro di recarmi a Ravello dopo tre giorni.
L’indomani riflettei a lungo sulla giornata precedente ed attribuii quel fastidioso senso di noia al fatto che mi ero ritrovato solo con due ragazze.
Convinto di ciò telefonai al mio amico e compagno di classe, Mario proponendogli una gita a Ravello. Mario era un tipo simpatico, gioviale, ma quello che più mi convinceva era il fatto che possedesse una Lambretta, quindi eravamo autonomi il che e mi concedeva una certa libertà. Gli raccomandai, quindi, di venire in lambretta, ma la raccomandazione fu inutile poiché aveva afferrato in pieno, all’unisono, il senso del mio invito.
Mario arrivò puntuale al nostro appuntamento di Positano ed insieme, ma ognuno con il proprio mezzo ci avviammo verso Ravello. Ci fermammo ad Amalfi ove d’accordo con Mario prenotammo un tavolo per quattro per il pranzo presso un locale che chiamavamo trattoria eufemisticamente. Infatti consisteva in un vecchio fabbricato adibito a cucina e di in terrazzo coperto da una lamiera di zinco sorretta da quattro pali, ma aveva due prerogative importanti : si mangiava bene, specialmente il pesce e soprattutto si spendeva poco. Fatto ciò proseguimmo per Ravello. A Ravello, le ragazze furono alquanto puntuali. Ci incontrammo sulla piazza principale, come d’accordo, ma rimasi alquanto sconcertato per l’abbigliamento della mia ragazza: aveva un ampio vestito fiorato sul quale troneggiava un enorme cappello di paglia con un lungo nastro rosso. Dopo i saluti e le presentazioni, non conoscevano Mario, ci recammo al Bar a prendere un caffè, spiegai il nostro programma: passeggiata a Ravello, gita ad Amalfi dove avremmo trascorso la giornata e infine ritorno a Ravello. Ci incamminammo quindi per le strade di Ravello. Mi incamminai con la ragazza, seguito da Mario e l’altra ragazza, parlando della costiera, degli esami appena sostenuti, dei nostri progetti futuri. Ad un tratto da una stradina laterale sbucò un asino, si fermò di colpo guardandoci, poi partì deciso verso la ragazza. Cercai di tirarla verso di me, ma lei, presa dal panico, si svincolò e cominciò a correre per la stradina inseguita dall’asino. Così ci ritrovammo con la ragazza che correva davanti i,l’asino che l a inseguiva, io correvo dietro l’asino nel tentativo di fermarlo e Mario e l’altra ragazza chiudevano questo strano corteo. Nessuno di noi aveva capito il perché di questo insolito inseguimento . Ben presto l’asino raggiunse la ragazza e, senza tanti complimenti, si avventò sul cappello, glielo strappò dalla testa e fermatosi in un angolo se lo divorò tutto. Scansò solo il nastro rosso che non era di suo gradimento. Finito il pasto, ci guardò ancora,quasi per ringraziarci di una così squisita prelibatezza e non vedendo nient’altro di suo gradimento si allontanò lentamente verso la strada da cui era venuto. La ragazza si sedette sconsolata su uno scalino in preda ad un leggero shock, ripeteva oh Dio oh Dio e non riusciva a dire altro. Io volevo consolarla in qualche modo, ma non riuscivo a trovare una sola parola adatta alla circostanza. Sono cose che capitano, azzardò a dire Mario, si, buonasera, pensai tra me, tutti i giorni gli asini mangiano i cappelli! La nostra gita era rovinata. Col cappello, nella pancia dell’asino era finita anche la nostra gita ed il nostro piano di passare una bella giornata. Infatti la ragazza, appena si riprese dallo shock volle essere accompagnata a casa. Nel salutarla, pensando di minimizzare l’accaduto azzardai : la prossima volta ti metterai un cappello di stoffa e tutto andrà meglio. Mi pentii quasi subito perché dal suo sguardo capii che la mia battuta aveva irritato ancora di più la fanciulla , mettendo in mostra un certo caratterino che, francamente ignoravo. infatti mi fulminò con uni sguardo di fuoco e mi sibilò sul viso, sei un cafone! Non hai capito che era un cappello elegante, era un cappello di paglia di Firenze! Peccato che non l’ha capito anche l’asino , pensai, ma mi guardai bene dal dirlo. La situazione era già compromessa senza parlare!
Fu l’ultimo nostro incontro.
Lasciammo Ravello, non ci fermammo nemmeno ad Amalfi.
Dopo qualche tempo incontrai l’oste dove avevo prenotato il pranzo, mi chiese come mai non ero andato a pranzo quel giorno. Avevo preparato una frittura di pesce che era la fine del mondo, mi disse. Anch’io avevo preparato in piano che era la fine del mondo replicai, poi è arrivato un asino…. Come un asino domandò l’oste: Gli raccontai in breve l’accaduto, dopodichè alzò le mani al cielo e lanciando uno sguardo alquanto eloquente in direzione dell’ufficio delle Imposte Dirette, che era nelle vicinanze e con il quale non doveva intrattenere rapporti idilliaci , sentenziò : Gesù, Gesù poi dicono che la vita non è dura! la vita è diventata addirittura impossibile : adesso per campare debbiamo fare i conti anche con gli asini di Ravello!!
( Un grazie a Monicaaa)
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