martedì 11 ottobre 2016

Il fiordo di Furore di Romolo Ercolino

 
di Romolo Ercolino per Positano My Life
 
 
Furore : dall' alto
 
Furore : da mare
 
                                       Il fiordo di Furore

Chi percorre la S.S. 163 che da Meta di Sorrento porta a Vietri sul mare collegando tutti i paesi della costiera amalfitana col suo l’andamento sinuoso a mezza costa ad ogni curva, e sono numerosissime, è sorpreso da panorami inaspettati e mozzafiato. Superata Positano, la città verticale e la perla della divina costiera, si raggiunge Praiano col suo caratteristico e antico borgo di pescatori di “La Praia” con la sua architettura spontanea. Superata questa gemma si giunge ad una forra selvaggia con pareti calcaree quasi verticali in fondo alla quale scorre il torrente Schiatro.
                                        La Praia
La gola si restringe verso il mare fin quasi a collegare fra di loro le due ripide pareti. Questo ha permesso di superare il tratto di mare sottostante con la costruzione di un artistico ponte in basalto e mattoni e pietre calcaree realizzato nella seconda metà del XIX secolo quando furono completati i lavori di costruzione del secondo lotto della strada di collegamento da Meta di Sorrento ad Amalfi che unì, con un filo d’asfalto, le due costiere.
                                                   Il Ponte di Furore

Questo ponte è, a parere unanime, l’opera architettonica più bella di tutto il tratto stradale divenuto con l’avvento del turismo un belvedere perché permette di godere di una vista panoramica sul Fiordo di Furore e sul suo caratteristico e antico borgo di pescatori addossato ad una delle pareti e parzialmente scavato in roccia. Questo borgo, unitamente a quello della Praia, sono stati fatti conoscere nel secondo dopoguerra da registi come Roberto Rossellini che qui realizzarono alcuni film neorealisti, come Notte di Tempesta, Amore, interpretati dalla divina Anna Magnani che s’innamorò perdutamente di questo luogo dell’anima.
                                                    Violenta mareggiata
 Furore, fu anticamente denominata Terra Furoris, per il fragore prodotto dall’infrangersi dei marosi contro le strette pareti rocciose della forra e al loro riversarsi, durante le tempeste, attraverso la stretta apertura nella minuta marina.

A differenza degli altri comuni della Costiera amalfitana, Furore non è, un agglomerato urbano ma un insieme di case sparse sui tre colli che formano il suo territorio e che godono, al variare delle stagioni, d’incantevoli e mutevoli panorami sul golfo di Salerno.

Questa peculiarità gli è valsa la definizione di Paese che non c’è; anche se i suoi abitanti hanno sempre mantenuto un forte legame sia tra di loro che con la propria terra.

Nulla si sa sulle sue origini, ma come per la maggior parte degli altri paesi della costiera, anche Furore deve essere nata come rifugio dalle invasioni dei barbari e dalle incursioni dei saraceni che, agli albori del Medio evo attratti dalla fama delle ricchezze della nostra terra, compivano, all’arrivo di ogni nuova stagione (Estate), razzie e saccheggi. Con la diffusione del monachesimo divenne asilo per monaci e anacoreti provenienti dall’Oriente a causa dell’Iconoclastia. I nuovi arrivati colonizzarono l’area realizzando i caratteristici terrazzamenti di pietrame calcareo a secco per raccogliere il poco humus disponibile e piantumarvi viti e olivi, le due essenze che hanno sempre accompagnato le migrazioni dei popoli del Mediterraneo, e divenuti la peculiarità più evidente del nostro paesaggio costiero.

In origine la sua fu un’economia di sopravvivenza con un’agricoltura povera alla quale faceva da contraltare una pastorizia ancora più povera per mancanza di pascoli in considerazione del suolo sterile e sassoso. Un aiuto economico alla laboriosa comunità era dato dalla pesca e da attività artigianali di sostegno come la lavorazione del ferro, in particolare campanacci per bovini e greggi, la lavorazione di fibre vegetali, in particolare dello sparto, un’erba spontanea e perenne che cresce sui nostri monti ed utilizzata per la fabbricazione di funi per l’agricoltura e di sartie per le barche, di stuoie e di scope. La sua cellulosa fu impiegata anche nella lavorazione della carta quando Amalfi, prima città d’Italia, alla fine del primo millennio, iniziò la sua produzione. Altra attività di sopravvivenza era la produzione della calce e lavorazione di utensili in legno per uso domestico.

  Particolare di rilievo nel sistema economico dell’antico Ducato d’Amalfi fu la distribuzione sul territorio delle attività produttive più importanti che restarono sempre un appannaggio dei vari paesi produttori evitando così illecite concorrenze tra poveri che avrebbero solo danneggiato i buoni rapporti, l’economia generale ed il mercato interno.

            La pesca stagionale aiutava, nei limiti del possibile, l’economia generale. Fu per questa esigenza che alla marina di Furore, posta, all’interno del fiordo, come in altri paesi costieri, fu realizzato un borgo di pescatori, arroccato su una delle pareti della forra con la sua chiesetta ricavata parzialmente in una grotta. Ottimo esempio di architettura per sottrazione spontanea.

Questo borgo divenne il cuore pulsante dell’intero insediamento perché, in assenza di strade, tutti i collegamenti, i trasporti ed i trasferimenti avvenivano solo via mare. La marina del fiordo, unico punto d’attracco e di collegamento col mondo esterno, divenne il centro della vita commerciale e preindustriale di Furore. Le acque dello Schiatro, prima di riversi in mare, movimentavano mulini arabi, così detti perché a ruota orizzontale, una cartiera emporetica nella quale veniva utilizzata anche cellulosa di sparto e dava alla carta un colore verdognolo utilizzata in particolar modo dalle pescherie, ed una calcara, forno per la produzione della calce, utilizzata in passato in agricoltura, per l’igiene delle case, delle stalle, per biancheggiare tessuti, carta, ecc. Queste attività preindustriali erano appannaggio del clero e della nobiltà locale. Dalla sua marina partivano, per i paesi costieri cilentani, barche cariche carta, di sfarinati e di prodotti agricoli riportandone vino e olio.
Tra Praiano e Furore una roccia con le sembianze di una mamma con
il bimbo ... la gente del posto l'ha dedicata alla madonna con Gesù

Il borgo Marina, al quale ora si può accedere anche dalla strada statale attraverso l’antica scalinatella di collocamento con la parte alta di Furore, ha conservato, anche se recentemente restaurato unitamente alle strutture proto industriali, che altrimenti sarebbero andate perse sia come monumenti che come testimonianze storiche, il primitivo aspetto di borgo marinaro con la sua caratteristica architettura povera e spontanea, con le casette che, per ragioni economiche, venivano addossate le une alle altre e abbarbicate alla roccia.

            Oggi Furore è famosa per il suo fiordo, per la bontà dei suoi vini che hanno ottenuto, ben meritatamente, la denominazione d’origine controllata e perché una delle sedi per le gare sportive internazionali di tuffi da grande altezza che avvengono proprio dal suo ponte e richiamano sempre un gran numero di appassionati e di cultori di questo sport. 

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